"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

Diario

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martedì, 31 gennaio 2012acqua

La prima giornata della sessione del Consiglio provinciale si accende nel pomeriggio quando arriva in trattazione il Disegno di Legge di Borga e del PDL sull'acqua che prevede, udite udite, la totale pubblicizzazione del servizio idrico in Provincia di Trento. Presentato il giorno seguente la vittoria del sì al referendum, nelle intenzioni del proponente il DDL aveva lo scopo - evidentemente provocatorio - di svelare l'imbroglio (come lui lo definisce) del voto referendario. Ovvero passando dall'obbligo alla privatizzazione della gestione del servizio idrico, all'obbligo opposto mettendo così in mora ogni forma gestionale decisa in piena autonomia dai Comuni che non sia quella della gestione diretta.

Con il consigliere Borga ci siamo confrontati anche direttamente durante la campagna referendaria e la sua posizione sulla gestione dell'acqua è ben lontana da quella di Alex Zanotelli e di chi non accetta nemmeno la gestione "in house" attraverso società interamente pubbliche. E quindi l'imbroglio sta proprio nella sua proposta. Perché il referendum si proponeva di togliere di mezzo il furore ideologico dell'obbligatorietà nella gestione dell'acqua e per questo la partecipazione è stata così ampia e trasversale.

In ogni caso nel mio intervento ringrazio Borga, al di là del carattere provocatorio da lui stesso ammesso della sua proposta, perché ci dà l'occasione per fare il punto su quel che si sta facendo per essere conseguenti all'esito del voto referendario su un tema tanto importante e delicato. Ed anche per evidenziare il fatto che l'esito referendario ha effettivamente sparigliato le carte di due schieramenti che portavano analoghe responsabilità nel processo di privatizzazione dell'acqua. Tant'è che nell'attuale governo avvertiamo l'onda lunga di chi in entrambi gli schieramenti considerava una iattura il referendum e che cancellerebbero volentieri l'espressione popolare, magari bollandola come emotiva, in nome di un liberismo tutt'altro che messo da parte. Le lezioni, si sa, sono difficili da imparare e non mi pare che la cultura del limite faccia parte delle sensibilità di chi invoca la crescita ad ogni costo.

Il consigliere Borga nella sua illustrazione parla di silenzio assordante dei propugnatori dell'acqua pubblica. In realtà se c'è qualcosa di assordante è il fatto che i sei mesi che ci separano dal voto referendario sembrano un secolo, tanto quel segnale politico straordinario lo si vorrebbe negare rilanciando la privatizzazione dei servizi.

Allora ricordo ai proponenti che in Trentino, prima ancora dell'esito referendario, ci siamo attivati non solo per la sua riuscita ma per attivare le prerogative della nostra autonomia per salvaguardare la potestà dei Comuni di continuare a gestire il servizio come avevano sempre fatto. Questo era l'intento e ciò che abbiamo fatto nella finanziaria 2011, con in più un altro atto politico rilevante, l'approvazione dell'ordine del giorno n.184 (16 dicembre 2010) con il quale si impegnava il governo provinciale a muoversi per lo scorporo del ramo acqua da Dolomiti Energia verso la formazione di un nuovo soggetto interamente pubblico per la gestione dell'acqua, per far sì che anche nei 17 comuni che avevano affidato a DE la gestione del servizio idrico avvenisse un processo di piena ripubblicizzazione.

Ed è quello che si è fatto in questi mesi. Adeguando nell'ultima finanziaria la legislazione provinciale in virtù dell'esito referendario e proponendo ai Comuni di Trento e di Rovereto, principali azionisti di DE, di procedere allo scorporo dell'acqua attivando per questo una specifica clausola prevista all'atto di assorbimento di Trentino Servizi in Dolomiti Energia.

Un processo non semplice e per questo particolarmente importante, sia per mettere a disposizione dle sistema trentino un nuovo soggetto in grado di fare sistema non solo per i 17 comuni (che comunque rappresentano - è bene ricordarlo - circa il 50% delle utenze trentine) che sono in DE ma per tutto il Trentino e per tutti i comuni che ne vorranno far parte, sapendo che la gestione in economia dei singoli comuni è costosa e comunque si rivolgono in genere a DE per una serie di servizi che i singoli comuni non sono in grado di garantire.

In questa direzione si sta lavorando e, lo voglio dire a chiare lettere, questo è un risultato significativo del nostro lavoro. Ne avevo parlato proprio ieri con Emilio Molinari, fra i promotori del Contratto mondiale per l'acqua, il quale mi assicurava che il percorso di ripubblicizzazione che stiamo portando avanti in Trentino è di assoluto valore.  E questo nonostante l'ideologismo che di chi sta facendo dell'acqua il simbolo di una nuova frontiera rivoluzionaria, e dei "beni comuni" lo spartiacque del bene e del male. Ma il bene comune è molto più semplicemente un pezzo della storia di autogoverno di questa terra, qualcosa che unisce piuttosto che dividere.

Un impegno che continuerà nei prossimi mesi, perché è piuttosto probabile che nei provvedimenti del governo Monti il tema della privatizzazione della gestione del servizio idrico, accompagnato dall'esito referendario fuori dalla porta, possa rientrare dalla finestra. E perché sul tema della proprietà degli acquedotti (bene demaniale sì ma "accidentale", ovvero non obbligatoriamente di proprietà demaniale) mi sa che forse dovremmo metterci al riparo anche sul piano legislativo.  

A fine serata scambio due battute con Borga. Gli chiedo scherzosamente che cosa accadrebbe se la maggioranza decidesse di votare a favore della sua proposta. E mi sa che si troverebbe davvero in imbarazzo, tanto da doverlo ritirare.

lunedì, 30 gennaio 2012Michela Embriaco in Mirijana

Nella sala polifunzionale di Daiano siamo in tutto una decina di persone, ma ciò nonostante valeva la pena venire fin quassù, in questa fredda notte invernale. E questo nonostante le osservazioni che fioccano prima ancora che io e Mattia Civico diciamo qualcosa non siano molto incoraggianti. I dubbi sulle Comunità di Valle s'intrecciano con le vulgate sui privilegi della politica, sull'assenza di politiche sociali, sull'inceneritore, sulla "base" di Mattarello e, più in generale, sull'impresentabilità della politica.

Con pazienza, ma anche con fermezza, smontiamo uno ad uno questi luoghi comuni e alla fine, dopo due ore di fitta discussione, le persone in sala sembrano solidarizzare con noi, comprendendo le ragioni di una politica che non vuole rinunciare ai contenuti e che non liscia il pelo al facile consenso. Persino il presidente della Comunità di Valle, pur politicamente distante, sembra coinvolto sui temi della nostra serata. Quando ci salutiamo i presenti sembrano soddisfatti di aver messo fuori il naso di casa, nonostante il gelo.

Di ritorno da Daiano il mio ginocchio è gonfio e fatico a stare in piedi. Per questa ragione annullo ogni impegno per tre giorni (venerdì, sabato e domenica) nella speranza che questo mi sollevi dal dolore e aiuti i medici a diagnosticare qualcosa dei miei acciacchi. Un po' di riposo ci voleva proprio anche se poi queste macchine infernali sui cui anche in questo  momento sto lavorando non ci fanno staccare.

Avrei almeno voluto partecipare alla cerimonia principale in ricordo delle vittime della Shoah e alla rappresentazione teatrale sulla banalità del male, ma alla fine prevale il buon senso che mi consiglia il riposo. Così lunedì le cose vanno un po' meglio e di buon mattino do il là agli appuntamenti che mi aspettano al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. In primo luogo con Michela Embriaco di Multiverso Teatro, che mi comunica che hanno incominciato a lavorare per costruire una riduzione teatrale de "La ginestra" di Giacomo Leopardi. E' una scommessa interessante e con Michela proviamo ad immaginare la realizzazione di questa messa in scena in alcuni luoghi simbolo del delirio, quello dell'homo faber (alla Manifattura di Rovereto), quello del cemento (al Magnete di Trento) e quello della follia nella follia (all'ex manicomio di Pergine Valsugana).

A seguire ho un lungo incontro con Federico Zappini, con il quale proviamo a pianificare il lavoro che ci attende al Forum lungo tutto il 2012, le responsabilità che ne vengono, quel che vorremmo abbozzare nel programma sul limite, quel che potremmo seguire attraverso la messa in campo di sinergie come quella con il Centro di formazione alla solidarietà internazionale. Con Federico stiamo costruendo una buona sintonia e credo davvero rappresenti un buon investimento per il presente ma anche per il futuro del Forum.

Di seguito sono al Gruppo consiliare dove ci vediamo per una veloce riunione prima del Consiglio di domani e del Coordinamento del partito previsto oggi stesso nel secondo pomeriggio. Parliamo di strumenti di comunicazione, del DDL di Morandini sulla prevenzione economica dell'aborto e sull'intervento delle associazioni di aiuto alla vita in ospedale (da respingere con fermezza, ma che provoca qualche mal di pancia nella maggioranza), della situazione in Università dopo la richiesta di una buona parte dei docenti di rivedere i criteri elaborati da un'apposita commissione sul passaggio all'autonomia provinciale dell'ateneo trentino, cosa che mi lascia perplesso perché leggo in questa alzata di scudi qualcosa che non mi piace. E questo a prescindere dal fatto che il dialogo va ricercato con coraggio e pazienza.

Finita la riunione del gruppo mi dirigo alla volta di Rovereto dove ho l'incontro con il Centro per la Pace per parlare del percorso annuale del Forum sulla cultura del limite. C'è molta soddisfazione per il tema che abbiamo scelto e condivisione per l'approccio che ci siamo proposti, quand'anche un programma vero e proprio sia ancora piuttosto lontano. Un tema, quello sul limite, che riavvicina il Centro al profilo di lavoro del Forum e ala fine dell'incontro sono molto soddisfatto di quel che ci siamo detti, delle sintonie raggiunte e di quel che si profila nella nostra collaborazione. Tanto che quest'anno il programma annuale del Forum partirà proprio da qui, dalla città della quercia. Abbiamo fatto sera ed ho già largamente abusato della mia precaria salute.  

giovedì, 26 gennaio 2012colpa

La sessione di Consiglio Provinciale che si conclude giovedì non rimarrà alla storia. Una sfilza di interrogazioni e mozioni che hanno lo scopo di segnare la presenza dei singoli consiglieri piuttosto che caratterizzare i lavori dell'assemblea legislativa. Difficile trovare qualcosa di veramente significativo da segnalare, se non il manifestarsi di un'idea perversa della politica come presidio del proprio territorio, come se i consiglieri fossero rappresentanti di una valle o di una corporazione anziché di una comunità intera. Il che ha a che fare con l'antipolitica, aggravata dal fatto che questo avviene assecondando le istanze dei territori ed in maniera largamente trasversale agli schieramenti.

Così la mia intenzione di presentare una mozione, già pronta da qualche giorno, sul destino della Colonia Pavese di Torbole potrebbe venir considerata come una sorta di invasione di campo, territoriale oltre che politica, visto il fatto che intende muovere le acque di uno stagno del quale sono responsabili in molti e di segno politico opposto. E siccome il problema non è quello di ottenere un po' di spazio giornalistico bensì di costruire una proposta che raccolga la più ampia condivisione possibile per uscire dall'impasse attuale, provo a ricercare convergenze preventive. Vedremo se questa prudenza produrrà qualche risultato positivo o piuttosto veti incrociati. Che a quel punto potrebbero in ogni caso motivare anche la semplice testimonianza politica di un'idea, quella cioè di pensare che una nuova vita per la Colonia Pavese potrebbe venire da un progetto di natura termale per la qualificazione turistica ed economica integrata del territorio.

Una serie di appuntamenti scadenzano giornate consiliari altrimenti insignificanti. La question time sulla bonifica dei Gazi di Arco riceve dall'assessore Mellarini una risposta burocratica ed evasiva, tanto che non mi dichiaro per nulla soddisfatto. E cresce in me la convinzione che le prescrizioni indicate dai Bacini Montani non siano state rispettate.

Vedo i rappresentanti dei tavoli di cooperazione internazionale, seriamente preoccupati per i tagli annunciati da parte della PAT, che temo siano il frutto non di un naturale farsi carico della situazione generale, bensì dell'incomprensione del ruolo cruciale che la cooperazione di comunità può svolgere nell'attrezzare la nostra gente ad abitare i processi della modernità e, più nello specifico, del carattere strategico nella costruzione del disegno europeo che svolgono i Balcani e l'oriente in generale. Quando Giuliano Amato scriveva qualche anno fa che "l'Europa si fa o si disfa nei Balcani" aveva perfettamente ragione. Se il Trentino in questi anni ha avuto un'interlocuzione speciale nei confronti di quella parte dell'Europa, attraverso esperienze di cooperazione che hanno fatto scuola e strumenti di informazione e ricerca che costituiscono eccellenze europee (come nel caso di Osservatorio Balcani Caucaso - http://www.balcanicaucaso.org/), è stato perché questa consapevolezza è arrivata alla politica che ha messo in campo scelte coraggiose. Dobbiamo però anche prendere atto che purtroppo tale consapevolezza non è diventata cultura politica diffusa, tutta presa com'è a rincorrere emergenze o visibilità. La crisi della politica è anche questa incapacità di osservare e di stare dentro un'interdipendenza ineludibile come condizione per governare i processi anziché subirli.

Vedo l'assessore Marta Dalmaso e i suoi collaboratori per la questione "MIllevoci", il centro interculturale che ormai da dodici anni lavora sull'integrazione scolastica dei figli dei "nuovi trentini". Il Forum è uno dei contraenti il patto costitutivo di Millevoci e già due anni fa avevo posto la necessità di rivederne ruolo ed obiettivi, in relazione ai profondi cambiamenti che sono avvenuti nel mondo dell'immigrazione. Incontrando anche in questo caso, come spesso accade quando si propone di cambiare, molte resistenze spesso non dichiarate. La metto giù dura: o si cambia o il Forum si toglie da questa responsabilità. Ricevo tutte le rassicurazioni del caso e definiamo tempi stretti per la sigla del nuovo protocollo, a cui dovrà corrispondere - a mio modo di vedere - anche un po' di aria nuova nel Centro. Vedremo.

Con l'assessore Dalmaso avevo poco prima incontrato i rappresentanti del Centro sportivo universitario, per valutare un tema specifico che mi sembra importante: quello di garantire agli atleti impegnati sul piano agonistico ad un certo livello di poter continuare gli studi universitari avendo a disposizione alcuni servizi così da non gettare al vento tante potenzialità che non se la sentono di rischiare di trovarsi alla fine della propria carriera agonistica senza arte ne parte. Sollecito l'assessore affinché la provincia affronti la  questione in maniera organica e non a spot che talvolta corrispondono a logiche di natura lobbystoca.

Ho una visita specialistica alla Solatrix di Rovereto per il mio ginocchio destro che è ancora gonfio e dolorante. La cosa si sta trascinando da settembre quando ho avuto un incidente in Palestina e, nonostante gli esami, non riesco ad avere una diagnosi precisa del problema, come non l'avevo avuta quando mi si era manifestato nei mesi scorsi un forte dolore al braccio sinistro. Anche con questa visita non intravvedo nulla di chiaro, se non il fatto che nonostante l'iniezione di cortisone nel ginocchio il dolore non si attenua e la difficoltà di deambulazione cresce.

Finito il Consiglio vado verso casa nella convinzione che la giornata si sia conclusa, dimentico di un appuntamento con il gruppo Uisp Cinema. Claudio, Fulvio, Mauro, Roberto e Sonia mi attendono al Forum per avviare una collaborazione sui temi con cui cerchiamo di declinare le parole pace e diritti umani. Il tempo di girare l'auto e sono di nuovo in città per una riunione che si rivela proficua e ricca di idee per il nostro percorso sulla cultura del limite.

Il giorno seguente la musica in Consiglio non cambia e allora mi ritaglio uno spazio per fare un salto alla Sala della Cooperazione dove quattrocento giovani si accingono a partecipare al "Treno della memoria". Sono in partenza alla volta di Cracovia per far visita, nel giorno della Shoah, al campo di Auschwitz - Birkenau. I loro sacchi ammassati nell'atrio della cooperazione testimoniano di un momento collettivo in cui lasceranno le loro certezze sull'uscio, per tornare diversi da come saranno partiti. Con loro in viaggio ci sono anche Tommaso Iori, che curerà lungo lo svolgersi del viaggio il tema (la memoria fragile) che ha proposto come direttore del sito http://www.politicaresponsabile.it/  e Bruno Dorigatti, presidente del Consiglio Provinciale, un bel segnale di vicinanza delle istituzioni.

Nella pausa pranzo di giovedì mi vedo con il gruppo di lavoro di "Politica Responsabile" per valutare l'incontro di sabato scorso e come proseguire in questo prezioso lavoro.  Ad Armando, Fabio e Stefano propongo di allargare questo gruppo di lavoro ai giovani che hanno manifestato con le loro idee e partecipazione la voglia di credere in un luogo come questo sgombro da dinamiche partitiche e che vorremmo davvero al servizio della circolazione delle idee. Penso a Giulia Merlo, a Mattia Celva, a Tommaso Iori, a Pasquale Mormile, a Steven Forti, a Massimiliano Pilati ed altri, per dar corpo ad uno spazio di pensiero e di amore verso la politica.

Più tardi con Norma Micheli ci troviamo a parlare invece della gestione dei servizi pubblici e di beni comuni come l'acqua. Il Trentino ha scelto di dare un segnale chiaro e inequivocabile nella direzione indicata dal referendum così come avevo proposto nell'ordine del giorno presentato in occasione della Finanziaria 2011: la formazione di una nuova società in house, al 100% pubblica, per la gestione dell'acqua a partire dai 17 comuni  (corrispondenti al 50% delle utenze trentine) che avevano affidato il servizio a Dolomiti Energia, società a maggioranza pubblica ma con una presenza privata. Una sorta di ripubblicizzazione del servizio che potrà diventare riferimento anche per i rimanenti 200 comuni trentini che l'acqua hanno continuato a gestirla in economia o con società direttamente controllate al 100%. Escono una serie di idee, come quella di un DDL per assicurare la proprietà degli acquedotti come bene collettivo e dunque inalienabile.

Qualche altro incontro e poi alla volta di Daiano dove con Mattia Civico ci attende una serata nell'ambito del percorso "L'Autonomia nell'epoca della crisi" che stiamo portando avanti come Gruppo consiliare del PD del Trentino. Sarà una serata interessante, nonostante i nostri interlocutori siano poco numerosi e l'iniziale dover prendere atto  di quanto l'antipolitica faccia breccia nell'elettorato di sinistra, che appare in pieno naufragio. Ma sull'incontro di Daiano ci tornerò.    

martedì, 24 gennaio 2012Stanchezza

Due anni e mezzo di vita di questo sito richiedono un piccolo restyling. Fatto di colori, soprattutto, ma anche di funzionalità, per una comunicazione quotidiana che fino ad oggi ha visto coinvolti più di 21 mila visitatori unici, per un dato complessivo di quarantamila visite, quasi ottantamila pagine aperte e con un tempo medio sul sito di quasi due minuti. Non male, mi dicono gli esperti per un sito di questa natura.

Le conversazioni telefoniche della mattinata hanno come oggetto l'esito del workshop di sabato scorso a Maso Martis. Molte le persone che hanno partecipato all'incontro, tante quelle che non hanno potuto partecipare, voci che avrebbero potuto oltremodo arricchire il confronto in questo primo incontro di "Politica Responsabile" così come hanno fatto sul blog. Ma passare dalla rete alla realtà non è affatto banale. Sono in molti, infatti, a chiedere di avere luoghi di dibattito politico non solo virtuali ma che poi, nel concreto, fanno fatica a riconoscersi nei rituali dei partiti. Molti anche i giovani presenti, stanchi di essere oggetto di riserva in una logica di scontro fra generazioni.

Eppure c'è una classe dirigente da costruire. C'è uno iato spaventoso fra l'essere partito di maggioranza relativa e le responsabilità che il PD del Trentino è chiamato a ricoprire, nei Consigli Comunali, nelle Comunità di Valle, sul piano provinciale. Qui non si tratta solo di attivare moduli formativi, ma di trasmettere saperi e competenze. E il sito http://www.politicaresponsabile.it/ è nato per colmarlo.

Improbabile e probabilmente sbagliato pensare che questa dimensione debba essere partitica, se non altro per la provvisorietà della sperimentazione fin qui avvenuta. Soprattutto perché non c'è una dottrina da imparare, ma semplicemente esperienza da socializzare, ricerca da rendere sistematica, idee da mettere alla prova.  

Fra i contributi che avrei voluto ascoltare sabato pomeriggio, avevo immaginato anche quello di Riccardo Mazzeo, responsabile di una delle linee editoriali del Casa Editrice Erickson. Lui è l'animatore delle relazioni editoriali con alcuni dei pensatori del nostro tempo come Edgar Morin, Michela Marzano, Zygmunt Bauman che proprio alla Erickson hanno consegnato importanti pagine inedite. La sensibilità di Riccardo è un patrimonio prezioso per questa terra. Ma sabato non ha potuto esserci e così, con Riccardo, ci vediamo a pranzo. Avrei voluto discutere attorno ad alcuni dei nodi emersi nel confronto al Maso Martis, ma ci viene spontaneo parlare delle nostre vite e del nostro lavoro.

Ci sono fra noi affinità speciali, che prescindono dai nostri rispettivi percorsi culturali e di vita. Ed è davvero bello accarezzare questo sentire comune, anche se per il piacere di sentirsi meno soli. Ovviamente c'è di più, ma il terreno della politica permane scivoloso, ostico, forse impraticabile e comunque non da tutti. Perché richiede un'esposizione non sempre naturale ed una tenacia che spesso preferirei non avere. Ne parlo con Riccardo, lo vedo riconoscente per questo posizionarmi in prima linea, ma anche esigente, come a dirmi che di questo mio contributo nelle istituzioni trentine c'è ancora bisogno.

Il giorno successivo prende il via una sessione di tre giorni del Consiglio. Presidiare è senz'altro utile, l'esercizio del confronto qui dentro pressoché avvilente. Specie quando ti accorgi che, nella tua stessa maggioranza, le esperienze anche quelle più straordinariamente originali faticano a sedimentare cultura politica. E prevalgono invece logiche di appartenenza. Domenica - ad esempio -  è uscito su L'Adige un reportage di un'intera pagina sul mio ultimo viaggio in Marocco che delinea un modo di stare al mondo fondato su relazioni che richiederebbero un investimento in capitale umano piuttosto che la solita logica del rincorrere le emergenze o di guadagnarsi riconoscenza e paradiso.

Fra diversità di approccio politico e logiche di potere, mi rendo conto delle distanze e di quanto ci sia da lavorare. O, forse più ragionevolmente, quanto ancora grande sia la mia illusione.

domenica, 22 gennaio 2012Un\'immagine dell\'incontro a Maso Martis

Per il workshop di "Politica Responsabile" avevamo immaginato una partecipazione mirata, i direttori che si sono susseguiti alla guida del sito web e che avevano accettato di preparare per questa occasione una riflessione, un po' di amici del sito che in questi quasi due anni ne hanno animato la discussione, qualche curioso. Nonostante la magnifica giornata di sole, nonostante la defezione di alcuni fra i più assidui partecipanti a questa forma per certi versi inedita di circolazione del pensiero politico, dispersi fra impegni e malanni di stagione, la bella sala a vetri del Maso Martis con vista sulla Valle dell'Adige è gremita di persone attente, ulteriore segno che di buona politica c'è davvero bisogno.  

Dopo una breve introduzione di Armando Stefani e la lettura dello spunto iniziale da parte di Stefano Albergoni, rompe il ghiaccio degli interventi Giulia Merlo, fra le persone che hanno diretto "Politica Responsabile" una delle più stimolanti. E anche oggi non si smentisce. Seguono gli interventi di Silvano Bert, Fabio Pipinato, Mattia Celva, Pasquale Mormile, Paola Giacomoni, Roberto Pinter, Maddalena Franzoi, Tommaso Iori, Alessandro Franceschini, Salvatore Dui, Franco Ianeselli, Vincenzo Calì, Elena Baiguera Beltrami, Francesco Terreri, Emanuela Rossini, Pierfrancesco Rensi. Tutti rigidamente nei cinque minuti. Fra gli altri intervengo anch'io e quel che ho detto lo trovate nella home page. Tutto il pomeriggio viene filmato e registrato e lo potrete trovare a breve sul sito http://www.politicaresponsabile.it/.

Pensieri in libertà, tutti stimolanti. Il filo conduttore è rappresentato dalle tre parole proposte per l'incontro (crisi, ricambio, futuro) e le linee di riflessione tendono a sovrapporsi forse in maniera confusa. Ma non abbiamo da decidere niente. Solo fornire un'occasione di confronto, laddove i luoghi preposti faticano a farlo. Probabilmente altri dei presenti avrebbero qualcosa da dire ma non vogliamo finire in pochi e un brindisi con le bollicine dell'ottima cantina che ci ospita e il buffet del "Panificio Moderno" di Mori allietano la conclusione dell'incontro.

Impossibile tirare le fila e nemmeno ce n'è bisogno. Politica Responsabile nasce per aiutare la politica, non contro la politica. Non c'è un progetto, nemmeno recondito, che non sia quello di favorire la circolazione delle idee. La sua efficacia è difficile poterla verificare, se non con qualche numero che pure qualcosa ci dice. Quaranta direttori responsabili che si sono passati il testimone su altrettanti tesi proposte. Una piccola biblioteca con ormai quasi duecento libri segnalati con una breve recensione ed altrettante pubblicazioni, reportage e filmati tematici. Seicentocinquanta interventi come altrettanti riflessioni postate sul sito. Pressoché quotidianamente due "pensieri del giorno" fra i commenti più efficaci relativi all'attualità politica. Trecentotrentotto amici dichiarati. Centinaia di segnalazioni relative ad incontri o avvenimenti di rilievo politico. E, infine, circa tremila lettori mensili.

E da oggi un programma di incontri tematici sul territorio. Un bel pomeriggio, anche nel sentire di chi ha voluto essere al Maso Martis con noi.

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giovedì, 19 gennaio 2012Struzzo

Nonostante le condizioni di salute segnino "rottamazione", oggi occorre mettersi in strada di buon mattino. Il primo appuntamento, per la verità, riguarda proprio la mia fragilità fisica. Paola mi riceve nel suo studio di fisioterapista per dare un'occhiata al mio ginocchio malandato e non so se essere contento per l'incertezza dell'esito della visita visto che, a quanto pare, ossa e legamenti non sembrano compromessi. Eppure il ginocchio fa male e il gonfiore è solo un po' attenuato da due giorni di letto.

Oltre ad un supplemento di indagini, occorre rallentare, prendere coscienza che le cose vanno avanti anche senza di te, che l'efficacia maggiore del proprio agire si misura sulla capacità di passare la mano. Con questi pensieri corro in Terza Commissione, dove il primo punto in discussione è il Disegno di Legge sulla prevenzione dai rischi dovuti alla presenza dell'amianto nel suo testo unificato. Che, a partire dalla mio DDL, ha assunto nell'articolato la proposta più circoscritta del cons. Eccher.

Nel mio intervento spiego il significato e gli elementi qualificanti del provvedimento che ora arriva all'esame della Commissione, ma esprimo un netto disaccordo sullo stanziamento previsto (ed indicato dai funzionari della PAT) di 500 mila euro annui. Un'inezia rispetto al configurarsi del problema, con la quale si potrebbero bonificare a spanne non più di 50.000 metri quadrati ogni anno. Per bonificare i tetti di eternit già rilevati (che sono solo parte del problema) ci vorrebbero così non meno di cinquant'anni.  La Commissione condivide la mia osservazione e auspica quanto meno il raddoppio dello stanziamento annuale. All'inizio di febbraio le audizioni e poi in aula.

Finita la Commissione passo in ufficio dove ho un sacco di cose da sbrigare, vedo l'interrogazione con risposta immediata che devo presentare entro mezzogiorno e che riguarda l'assetto idrogeologico della località Gazzi nel Comune di Arco e poi sono al Forum dove abbiamo programmato un incontro con tutto lo staff dei collaboratori: Luisa che al Forum lavora da anni distaccata a tempo pieno dal Consiglio Provinciale, Francesca e Martina che hanno concluso il loro mandato al Forum ed inizieranno a breve un nuovo lavoro al Centro di formazione alla solidarietà internazionale, Francesca e Federico che hanno svolto al Forum servizio civile e sui quali vogliamo investire per il prossimo futuro, Anna e Francesco che da poco hanno iniziato il loro turno di servizio civile. Cerchiamo di condividere quel che ciascuno seguirà nei prossimi mesi, quel che rimane scoperto, quel che potrà trovare continuità nell'attività del CFSI e di Millevoci, organismo quest'ultimo in via di riconsiderazione. Ci raggiunge Carlo Basani che del CFSI è il presidente e firmiamo così il protocollo di collaborazione fra i due organismi.

Ci accordiamo per rivederci a breve, al fine di impostare il programma annuale sul tema del "limite" che già oggi si profila davvero molto interessante e di grande attualità politica. Avremo modo di parlarne. Certo è che con l'impostazione che abbiamo dato al lavoro del Forum in questi due anni e mezzo, questa istituzione sta finalmente uscendo dalla sua nicchia, per svolgere un ruolo di un certo rilievo nel panorama culturale e politico trentino. Interagendo in maniera significativa con altre realtà impegnate sul piano culturale e formativo. Rompendo  mura autoreferenziali. E tutto questo nonostante l'estraneità che la politica dimostra verso i temi cruciali sui quali il Forum si trova ad operare.

Dal Forum rientro al Gruppo consiliare. Il tempo di qualche telefonata e di concordare con Mattia Civico un programma di lavoro che ci porterà entro la fine di febbraio all'elaborazione di due proposte di legge relative ai diritti di cittadinanza dei nuovi trentini, che ci attende la riunione dei consiglieri della maggioranza con all'ordine del giorno il progetto di riorganizzazione dell'apparato provinciale. L'orizzonte è quello del dimagrimento della Provincia, sia in virtù del processo di spostamento dei poteri verso le Comunità di Valle, sia nel rendere più efficace e dinamica la struttura provinciale. I Dipartimenti passeranno da 21 a 12, compresa la dirigenza generale, l'avvocatura e la protezione civile. Nella maggioranza sembra che d'incanto le contraddizioni che si erano manifestate prima della finanziaria proprio attorno alla riorganizzazione dei dipartimenti siano svanite. A conferma del fatto che cavalcare i mugugni delle piccole corporazioni e degli apparati non è certo indice di una politica di alto profilo. Meglio così. La partita non sarà facile, per vincerla occorre un disegno di futuro, un forte senso di responsabilità, un processo che non sarà breve di ri-motivazione del personale. E mettere la testa sotto la sabbia non serve.

mercoledì, 18 gennaio 2012 Kelăat Es-Sraghna, l\'ìncontro sull\'autonomia

Dell'incontro con i migranti che sono ritornati nella loro terra d'origine e che parlano i dialetti delle regioni dove sono stati a lavorare (e molti quelli trentini) scrivo a parte, per farne un reportage per uno dei quotidiani locali. Interessantissimo, comunque. Ne viene un diverso modo di guardare all'immigrazione e all'impegno che dovremmo avere per costruire conoscenza, relazioni, legami. Straordinarie potenzialità, per tutti.

Ho invece l'impressione che da noi (in Italia e anche in Trentino) se ne discuta in modo vecchio ed ideologico, creando muri piuttosto che abbatterli. Siamo molto bravi a dividere il mondo in  bianco e nero, meno capaci di vedere oltre l'atteggiamento morale che ci porta ad esorcizzare i problemi.

Devo proprio ringraziare chi mi ha invitato in Marocco perché l'incontro con questi nuovi trentini che hanno deciso, nonostante il riconoscimento della cittadinanza italiana, di rientrare nel loro paese d'origine è davvero di grande interesse. In questa pur breve visita ho imparato molto, soprattutto per la gratitudine che queste persone hanno verso la nostra comunità, per come sono stati accolti, per l'opportunità che hanno avuto, per la civiltà che il Trentino continua a dimostrare.

E poi perché si sono materializzate - in queste poche ore - le potenzialità che una cooperazione con le realtà dalle quali provengono i nostri migranti potrebbe avere. Discorsi fatti mille volte, ma oggi verso il Mediterraneo si può aprire finalmente una fase nuova, basata sulla reciprocità che può venire nel confronto delle idee e dei modelli politico istituzionali sperimentati. L'autonomia in primis, che per ritrovare smalto anche qui da noi ha bisogno di aria nuova, di mettersi in gioco nei processi dell'interdipendenza, di rappresentare un'idea di gestione delle risorse locali non in chiave egoistica bensì aperta al confronto, all'arricchimento, alla sperimentazione.

Vorrebbero che anche qui il lavoro delle persone venisse apprezzato, che la sensibilità che noi dimostriamo contagiasse i loro poteri locali, ancora di stampo prefettizio. L'autonomia e le relazioni che andiamo a costruire sono viste come l'occasione per aprire un confronto che non sia condizionato dalla corruzione che invece domina. E che spesso impedisce loro di volare come vorrebbero.

Sono mesi che parlo del Trentino Alto Adige /Sud Tirolo come laboratorio sull'autogoverno, attraverso il quale affrontare situazioni di conflitto legate alla fine degli stati-nazione. Così è nata la Carta di Trento per il Tibet. Il tema è centrale ovunque vi siano conflitti territoriali e quel che il concetto di autonomia può imprimere è un diverso sviluppo delle contraddizioni. Il fatto è che in questa fase di transizione,  il paradigma otto-novecentesco dello stato-nazione ancora riesce a far danni, ma soprattutto fatica ad uscire dall'immaginario collettivo, oltremodo rafforzato da un anno di retorica sull'unità d'Italia. E mentre l'Europa langue.

A ben vedere il tema non investe solo le realtà segnate da rivendicazioni territoriali, ma l'idea stessa di stato, di partecipazione, di responsabilità. Ne ho scritto nel documento sulla primavera araba e il Marocco che appare in questo sito e non mi dilungo.

Le persone che ci ospitano ci portano a conoscere una vasta regione che spazia dalle grandi pianure alle montagne dell'Atlante. Cercano di farci vedere quel che hanno di particolare, la loro storia, i villaggi, le campagne, le città. Su tutte Marrakech, la cui Medina non finiresti mai di visitare. Un mercato vero, nonostante il turismo. Nei vicoli i profumi degli olii e delle spezie, ma gli artigiani ci sono per davvero ed il made in China non sembra invasivo come altrove. I bazar dei tappeti, i negozi di oggetti antichi di lusso come delle cose vecchie e basta, le bancarelle della verdura e della frutta, quelle dei datteri e della frutta secca... e poi fiumi di the serviti con le erbe più varie e grande maestria che accompagnano ogni nostro incontro. A qualche chilometro verso Kelăat Es-Sraghna, un suk dove di turisti non vedi l'ombra e dove le facce hanno scolpite la durezza del vivere. Che farebbe la felicità di chi cerca le cose più impensabili, dove spesso devi volgere altrove lo sguardo perché la povertà non fa sconti sul piano della sensibilità verso gli altri esseri viventi.

Ci avviciniamo all'Atlante e il clima si fa anche durante il giorno meno temperato. La neve è poco sopra e lungo la valle abitata dalle popolazioni berbere cambiano molte cose, le caratteristiche dell'ambiente, lo scorrere dei fiumi, la fattezza delle case. Le persone che ci accompagnano sono felici di poterci far vedere tutto questo e la presenza con noi di Ali Rashid è motivo di orgoglio, tanto la questione palestinese è avvertita come causa di tutto il mondo arabo.

Quando è sera visitiamo un convento di Sufi ed è l'occasione per uno scambio di idee sui temi della pace e nella nonviolenza. Fuori un gruppo di ragazzi giocano al pallone su una strada trafficata di auto e di camioncini, improvvisato campo da calcio. Amid ci ospita a casa sua e poi il programma prevede un salto al bagno turco. Ma le mie condizioni precarie mi inducono a coricarmi, anche perché al mattino la sveglia è alle 4.00 per arrivare in tempo a Casablanca.

La stanchezza viene fuori, il limite si fa sentire. Il ginocchio non mi regge più e così, mentre scrivo, da due giorni sono a letto.

sabato, 14 gennaio 2012Marrakech

Da ieri sono in Marocco, per una visita che ha lo scopo di capire come il tema dell'autonomia abbia radici nella tradizione locale di autogoverno di beni come la terra, l'acqua, il pascolo... E per comprendere se e come questa istanza venga recepita dalle comunità locali.

Con Ali Rashid abbiamo elaborato un documento che, a partire dalle trasformazioni indotte dalla "primavera araba" e dalla nuova costituzione del Marocco che pure introduce il tema dell'autogoverno locale, cerca di declinare l'autonomia come possibile chiave non solo per dare soluzione all'antico conflitto sul Sahara Occidentale ma anche per riavvicinare i cittadini alla pubblica amministrazione (lo trovate nella home page).

In aeroporto ci attende Adbelali Ettahiri, responsabile di Anolf, organizzazione degli immigrati della Cisl che fa parte del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Dopo il viaggio lampo di ottobre, con Abdelali abbiamo elaborato un percorso di lavoro proprio a partire dai temi dell'autonomia, un contributo della comunità trentina (e dei nuovi trentini di origine marocchina) alla democrazia e allo sviluppo sostenibile in questo paese.

Diversamente da ottobre, saltiamo Casablanca e facciamo rotta direttamente su Marrakech nella cui regione stazioneremo nel tempo di questa breve visita.  Il paesaggio in questa stagione è di rara intensità, nonostante la stagione delle piogge si stia facendo attendere. I prati sono verdi e così i pendii delle montagne che circondano Marrakech, le cui cime si vedono in lontananza imbiancate di neve. Eppure il clima è primaverile.

Entrando nella città si ha subito la sensazione che l'assalto al territorio non abbia affatto scherzato: lottizzazioni e villaggi ovunque, case senza qualità del colore dell'argilla ma anche ville e appartamenti di lusso sembrano crescere dappertutto, tanto che la città ha raddoppiato in pochi anni il suo numero di abitanti. Gente che viene dall'abbandono delle campagne, alla ricerca di un progresso di plastica. Case che sembrano di cartapesta, circondate da negozi che vendono le stesse cose che puoi trovare in un qualsiasi centro commerciale del resto del mondo. Persone che non hanno memoria di ciò che erano e nemmeno dei luoghi in cui ora abitano o lavorano. L'effetto è molto diverso del mito che si ha di questa città...

E' già notte quando ci dirigiamo verso Kelăat Es-Sraghna, dove ci attendono i rappresentanti di un'associazione locale di migranti e di ex migranti che hanno organizzato per l'indomani una conferenza proprio sui temi dell'autogoverno. Un  primo contatto, insomma, e così ne approfitto per una raffica di domande al presidente di tale associazione per cercare di capire se esiste uno spirito del luogo, il bandolo della matassa per uscire dall'anonimato dell'omologazione e di una modernità priva di qualità.  

Rientrando verso le 23 a Marrakech non resistiamo all'attrazione della sua piazza, alla quale l'Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell'umanità. Che nonostante l'ora è piena di gente, bancarelle di ogni tipo, incantatori di serpenti, musicisti, artigiani. Rivederla al mattino, entrando nel mercato della Medina (la parte vecchia della città) è sul serio affascinante. Fatico a camminare e mi trascino una gamba destra malandata e che richiederebbe una piccola operazione al menisco.

Verso mezzogiorno ritorniamo nella zona di Kelăat Es-Sraghna per l'incontro con i rappresentanti della società civile che avviene nel pomeriggio e di cui vi racconterò nello specifico perché ne vale la pena. Vi dico solo che c'è nelle persone che incontriamo una spiccata sensibilità, quasi stupiti che vi possa essere una politica ancora in grado di fornire stimoli e visioni per un futuro che visto da qui appare ancora più confuso che mai.

giovedì, 12 gennaio 2012Creuza de mä, viottoli di mare

La serata si conclude con un grande applauso da parte delle oltre seicento avventori del Caffè Sinan Pascià. Numeri da grandi occasioni. Eppure non si trattava di un evento da cartellone, né una rappresentazione teatrale, nemmeno di un revival musicale all'insegna di Faber. E' davvero difficile definire quel che è avvenuto mercoledì sera al Teatro Sociale di Trento, nel cuore culturale della città, pieno di gente come da tempo non accadeva nonostante il simbolico biglietto d'ingresso, con un centinaio di persone che non hanno nemmeno potuto trovare posto.

Così com'era iniziato il primo di ottobre del 2010, il percorso "per una Cittadinanza Euromediterranea" si è concluso con le suggestioni di un'Europa di cui abbiamo smarrito le origini, che continua a non elaborare le proprie tragedie, che fatica a ritrovarsi come progetto politico, ma che non muore. E di quel  "mare di mari" che è diventato, a dispetto della storia, un muro spesso invalicabile.

Un discorso in forma di spettacolo, grazie alle tante persone che ci hanno creduto, affascinate dal messaggio che emanava, coinvolte nei percorsi di impegno  e nelle relazioni di amicizia, mettendo a disposizione il proprio messaggio e il proprio sapere.

Ne è venuto un cesto ricco di doni, non sempre ben amalgamati per l'improvvisazione con cui tante storie diverse si sono avvicinate senza nemmeno conoscersi, un piccolo miracolo mi permetto di dire. Tanto che nelle ore precedenti, nelle inevitabili scintille che attraversavano il palcoscenico, provavo a dire che non c'era motivo di prendersi troppo sul serio, che quel che avremmo fatto nella serata sarebbe stato un gioco.

L'ultimo miglio di un percorso che era esso stesso una scommessa  pressoché impossibile, è riuscito a superare di slancio le pur tante incertezze e a creare nel teatro il clima giusto, che ha dato oltremodo significato a tutto l'itinerario di un anno.  "Tre navigati del palco e della prosa. E tanti naviganti della passione per l'arte, lo spettacolo. Acerbi nella tecnica, maturi nell'impegno. E poi i musici: irrorano di un ritmo dolce la scena teatrale" come ha scritto con altrettanta dolcezza Carmine Ragozzino sul Trentino.  E la grazia delle parole, delle stelle che segnano la via dei naviganti, del pane del mare di Favignana, del somaro che scrive la storia a dispetto degli uomini, di una biblioteca che brucia e di una kafa che ti aiuta a scrutare il tempo.

Volevamo tirare le somme con "Creuza de mä" e sapevamo che le sue creature ci avrebbero aiutato a raccontare quei dettagli della storia da cui siamo partiti per superare la paura della non conoscenza. Ci siamo riusciti? Direi proprio di sì.

Come ha funzionato, davvero inaspettatamente visto che non ci abbiamo messo lo stesso impegno organizzativo, la coda evocativa di quella "Piccola Europa" che abbiamo voluto evocare (il giorno successivo, alle Gallerie di Piedicastello) mentre quella grande si lacera attorno alle difficoltà di una crisi finanziaria che ne devasta l'economia e di una moneta che fatica a trovare un'anima. Il racconto di un impero e del grande fiume che l'attraversava, nei ricchi stimoli che sono venuti dai relatori, mettendo in parallelo - come mirabilmente ci ha proposto Aleksandar  Hemon in "Progetto Lazarus" - le tragiche vicende di due crepuscoli, alle fine dell'Ottocento e del Novecento. E riprendendo quel dettaglio che faceva sì che la terza lingua parlata nella Sarajevo del 1910 fosse lo spagnolo degli ebrei sefarditi, pronipoti di quei cittadini di al Andalus che i cultori della purezza del 1492 cacciarono insieme ai musulmani.

La politica, in tutto questo? Distante, potrei dire. Ma forse è più giusto dire che tutto questo è politica. O, almeno, una politica possibile. Accade in Trentino, e anche questo non è affatto casuale. Domani, in Marocco, il Mediterraneo  sarà ancor più vicino.

 

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martedì, 10 gennaio 2012Paul Klee, Tunisi

Giornate intense, delle quali farò una cronaca succinta perché siamo un po' tutti presi dalla preparazione dell'evento conclusivo di "Cittadinanza Euromediterranea".  Inizialmente avevamo pensato ad una serata attraverso le creature di Creuza de mä, il  capolavoro di Fabrizio De Andrè, a tredici anni dal giorno in cui ha lasciato questo mondo. Poi la cosa è via via cresciuta, fino a diventare "una serata in forma di spettacolo", un caffè mediterraneo nel teatro della città che prende il nome proprio da una delle creature di Fabrizio, Sinan Capudan Pascià, marinaio genovese del XIV secolo che dopo essere stato catturato dai turchi si converte all'islam e diventa Visir.

Vedo decine di persone impegnate gratuitamente nella realizzazione dell'evento e la cosa è in sé emozionante, a testimonianza di un percorso che evidentemente qualcosa ha lasciato. Accanto a loro l'apporto professionale per la regia, la sceneggiatura, il suono, l'allestimento. Mettere insieme quaranta soggetti che prima sostanzialmente non si conoscevano, anche questo è un piccolo miracolo. Il tutto avviene con mezzi limitatissimi, con qualche piccolo contributo dalle istituzioni e dalla Cassa rurale di Aldeno e Cadine, ma soprattutto grazie alla disponibilità e al riconoscersi nell'evento da parte del Centro servizi culturali S.Chiara. Così, senza nemmeno esserne fino in fondo consapevoli, si è costruito uno spettacolo. Sul quale ora, a poche ore dall'inizio, c'è una trepida attesa.

Come Forum ci abbiamo messo le suggestioni che nel percorso lungo un anno sono emerse, testimoniate dagli avventori del caffè e fra questi Ali Rashid, Kanita Focak, Roberta Biagiarelli, Ugo Morelli e Chiara Simoncelli, che faranno dono al pubblico dei loro racconti. L'anima di una storia europea e mediterranea, che - come ho scritto nel messaggio in forma di pergamena che sarà consegnato alla fine dello spettacolo - ha incontrato sulla sua strada una straordinaria primavera che insieme al Mediterraneo ha cambiato anche noi.  

Ci sono già oltre trecento prenotazioni e anche questo ci dice come l'idea abbia funzionato. Emanuela Rossini, che a questo evento ha creduto forse più di ogni altro, non ha dubbi che tutto andrà per il meglio, ma la tensione è quella di ogni vigilia.

L'evento avrà poi una coda il giorno successivo, giovedì 12 gennaio (ore 17.00), alle Gallerie di Piedicastello a Trento, con l'incontro dedicato alla "Piccola Europa" e al Censimento del 1910 dell'impero austroungarico (vedi il programma nella home page). Per raccontare che di quell'intreccio di culture che hanno costruito l'Europa e il Mediterraneo, un posto importante l'ha avuto quella koiné di lingue e culture di quell'impero che andava dal Trentino alla Galizia, dove si parlavano dodici lingue ed innumerevoli dialetti.

E poi c'è tutto il resto, compreso i guai fisici di un ginocchio scassato che deve essere operato e che, proprio in questi giorni, non mi dà tregua.  Ciò nonostante (e alla faccia del limite) sto organizzando una visita in Marocco nel prossimo fine settimana, nell'ambito del percorso che abbiamo avviato per dare cittadinanza al concetto di autonomia nel processo di trasformazione che la primavera ha messo in moto in tutti i paesi arabi. Visto che Ali è qui con noi, mettiamo insieme un incontro di "Mezzaluna fertile  del Mediterraneo", per fare il punto sui progetti relativi al Vino di Cana e al Melograno nell'ambito delle relazioni fra il Trentino e la Palestina. A questo proposito Mario Zambarda ci parla della sua recente visita in Terrasanta e dal suo racconto abbiamo la conferma che già ora ma in particolare dal prossimo autunno il lavoro per far rinascere il Vino di Cana verranno premiati.

Nell'incontro riferiamo della conversazione che abbiamo avuto nei giorni scorsi con Adel Jabbar e sulla necessità di metterci a disposizione per dare il nostro sostegno alla primavera araba non solo attraverso la solidarietà, ma anche nello scambio di idee, nei processi formativi di una nuova classe dirigente, immaginando che a questo scopo un ruolo lo possa svolgere il Centro di formazione alla solidarietà internazionale. Oppure nel costruire una vera e propria "piattaforma" virtuale, dove le idee possano circolare e costruire così ipotesi di lavoro per il futuro di questi paesi.

Riprende anche l'attività consiliare vera e propria, con la riunione del nostro gruppo. Non ci vediamo da tre settimane e la sensazione che l'impegno di ciascuno segua linee parallele ma poco convergenti è piuttosto forte. Siamo entrati nel penultimo anno di legislatura ed è chiaro il fatto che l'ultimo anno sarà già proiettato nella campagna elettorale. Quindi in realtà abbiamo poco più di anno sul piano dell'azione legislativa e quindi decidiamo di darci delle priorità il più possibile condivise. Il che non è affatto scontato.

L'ultima legge finanziaria è stata, sotto questo profilo, una sorta di tornasole sul nostro rapporto con il presidente e la maggioranza. E il gruppo ha evidenziato, soprattutto nella discussione preliminare della finanziaria, almeno due diverse sensibilità. Che poi ci sia stata compattezza, è vero. Ma è come fosse stata, almeno per qualcuno, una scelta obbligata. E, pur nel carattere disteso della riunione, queste sensibilità diverse sono ancora tutte lì e corrispondono in buona sostanza al considerare o meno concluso il percorso di sperimentazione politica in Trentino, anche nel rapporto con il PD nazionale.

Sperimentazione politica che troverà il prossimo  21 gennaio, un pomeriggio di sabato, al Maso Martis un momento di confronto attorno ai nodi che la crisi pone e che coinvolgerà tutti i direttori responsabili che nel corso di questi due anni si sono susseguiti con le loro tesi alla guida del sito http://www.politicaresponsabile.it/ oltre ovviamente a tutti quelli che vorranno condividere questo pomeriggio di pensiero.  Con Stefano, Fabio e Armando condividiamo una traccia da inviare in questi giorni.

A sera sbircio per un attimo le prove generali dello spettacolo "Caffè Sinan Pascià". Sarà una sorpresa anche per me.    

domenica, 8 gennaio 2012passato, presente, futuro

Nelle scorse settimane ho ricevuto centinaia di biglietti d'auguri. Il ruolo pubblico che mi ritrovo addosso, quand'anche come consigliere semplice, fa sì che attorno alle feste di Natale fiocchino bigliettini che augurano ogni bene a chi li riceve. Qualcuno si spinge  - attraverso la fase celebre di qualcuno purché non troppo compromettente - anche ad una riflessione che investe il senso della vita e lo scorrere del tempo.

Sì, perché in questi giorni di rallentamento rispetto alla normale attività non sarebbe male che ci fermassimo a riflettere su quel che facciamo, sulle nostre relazioni con gli altri o su altro ancora. Leggendo qualcosa che ci stimoli, dandoci nuove motivazioni. Avendo più tempo per comprendere quel che accade, per cambiare noi stessi nei nostri comportamenti quotidiani, come nelle nostre scelte di fondo.

Non ho risposto ad alcuno di questi biglietti di auguri, né ho speso tempo e denaro per inviarne di miei, passando forse per un orso, come si usa dire - chissà perché - in Trentino. Animale asociale, questo probabilmente si intende, anche se poi risulta paradossale che quelli che mostrano maggiore dimestichezza con gli esseri umani vengano bollati come pericolosi.

Eppure di un interrogarsi riflessivo sul nostro tempo ci sarebbe davvero bisogno. Ringrazio per questo l'amico Emilio Molinari che ha voluto proporci proprio in questi giorni un pensiero provocatorio a partire dal fatto che un avvenimento di straordinario valore come la vittoria sul referendum contro la privatizzazione della gestione del servizio idrico, il primo dopo quindici anni a raggiungere il quorum, possa essere archiviato quasi che l'espressione di voto del 54% degli italiani potesse venire bollata come il frutto di un malinteso. O, all'opposto, diventare motivo per suffragare cortocircuiti ideologici all'insegna dell'antipolitica.

Non condivido tutta la riflessione di Emilio, ne ho anche parlato con lui nei giorni scorsi. Credo ad esempio che sia inutile continuare a pensare che dalla sinistra (compresa o soprattutto quella più radicale) possiamo aspettarci qualcosa di nuovo sul piano del rinnovamento del pensiero. E che davvero dovremmo, analogamente a quel che accade nella primavera mediterranea, rimescolare le carte nella consapevolezza che l'attenzione sui beni comuni (questione di fondo che investe l'uso responsabile delle risorse e l'autogoverno) richiede nuovi paradigmi che sfuggono alle culture politiche tradizionali.

Ma ciò nonostante l'orizzonte che Emilio pone è quello che a me sembra giusto. Che non è, almeno così lo vorrei interpretare, la critica di sinistra al centrosinistra, bensì la ricerca di un pensiero (e di pratiche politiche) che provi a dare risposte alla fine di una storia, di un'epoca nella quale si è pensato che l'uomo non avesse limiti di sorta, quel mito prometeico del progresso e della scienza che per la prima volta nella storia dell'uomo lo ha portato oltre la soglia della sostenibilità.

Di questo essere oltre, seppure solo sul piano istintuale, c'è una diffusa consapevolezza che però non porta, come talvolta troviamo scritto negli auguri natalizi meno mielosi, a riconsiderare il senso delle cose ma a diventare belve contro chi ci insidia negli averi. Che questi siano molti, come abbiamo visto nella vergognosa esibizione della ricchezza in luoghi come Cortina d'Ampezzo, messi a nudo da una guardia di finanza finalmente lasciata lavorare. O che siano pochi, come avviene tutti i giorni nelle quotidiane e feroci guerre fra poveri.

Nella rabbia classista di quelli che se la prendono con chi vuol far pagare le tasse a chi non le paga, nel rumore sordo che si avverte nella pubblica amministrazione quando una buona politica cerca di mettere in discussione privilegi consolidati, nel rancore dei pensionati contro gli immigrati che nel quartiere di periferia insidiano spazio e consuetudini, si può scorgere la fine di un patto costitutivo.

Possiamo anche far finta di non vederlo. Possiamo non porci il problema. Ma oltre il limite ci siamo già. Ci siamo già nell'economia preda di una finanza impazzita, nel destinare quote crescenti dei bilanci pubblici alle spese militari, nel cibo di plastica di cui si nutre il mondo, nella ricerca che non riconosce la finitezza delle nostre vite... O cambiamo il nostro modo di pensare e di organizzare le forme sociali del vivere comune, o temo sarà la guerra di tutti contro tutti.  

Grazie Emilio, per questa tua inquietudine che ci obbliga a non accontentarci.

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mercoledì, 4 gennaio 2012Areoporto Caproni, Trento. Manifestazione contro gli F35

Il riscontro sulla stampa locale della presentazione di "Caffè Sinan Pascà" è largamente positivo. I tre quotidiani locali o che hanno cronache locali dedicano quasi una pagina ciascuno all'evento che l'11 gennaio, a conclusione del percorso "Cittadinanza Eiromediterranea" del Forum, trasformerà il Teatro Sociale di Trento in un caffè letterario, fra l'Europa e il Mediterraneo. Anche gli altri mezzi di comunicazione ne parlano, unica eccezione il servizio Rai regionale, che anche in questa occasione si distingue in negativo.

In mattinata ho una serie di incontri al Forum. In primo luogo con Abdelali Etthairi, rappresentante trentino di Anolf, l'associazione degli immigrati della Cisl. Abdelali è esponente della comunità marocchina in Trentino e con lui ed altri stiamo organizzando un viaggio per la metà di gennaio, parte di un percorso sul tema dell'autonomia, alla scoperta delle tradizioni locali di autogoverno e di gestione dei beni comuni. Ho preparato un documento di due pagine fitte fitte, nelle quali inquadro il tema dell'autonomia come contributo di questa nostra terra alla primavera araba: Abdelali lo condivide e quindi decidiamo di tradurlo in arabo come inquadramento del percorso che, come comunità trentina, andiamo a proporre sia qui, con la comunità dei nuovi trentini di origine marocchina, che lì come possibile stimolo di idee alla soluzione della questione del Sahara Occidentale e, più in generale, come cultura di autogoverno per il paese.

Dopo questo incontro mi vedo con Michela Embriaco, attrice trentina alla quale ho proposto di costruire un evento teatrale attorno alla "Ginestra" di Giacomo Leopardi che dovrebbe aprire e accompagnare il percorso del Forum sulla cultura del limite. La sfida è di quelle accattivanti, il tema del limite di straordinaria attualità. Accetta e a breve ci farà una proposta.

Viene al Forum Luca Zanin, giornalista dell'ufficio stampa del Consiglio provinciale, per una veloce intervista sull'evento conclusivo di "Cittadinanza Euromediterranea". E infine, in tarda mattinata, ho un colloquio con Francesca Bottari che da un anno sta svolgendo servizio civile al Forum. Un'esperienza positiva di cui delinea comunque luci e ombre, legate soprattutto all'incombenza degli avvenimenti. Critica vera, da mettere in conto anche nella programmazione dell'attività per il 2012. Francesca è persona vivace e intelligente, per alcuni mesi ancora collaborerà al Forum ed è una risorsa che mi dispiacerebbe perdere. Sta lavorando come mediatrice culturale con la comunità cinese, di cui parla la lingua anche per esserci vissuta in quel grande paese. Parliamo di "Millevoci" e di una convenzione che da due anni vogliamo rinnovare, incontrando su questa strada pigrizie culturali, gelosie assessorili, resistenze al cambiamento. Cosa davvero insopportabile.

Nel pomeriggio lavoro su diversi documenti. Fra questi un commento sul fatto che finalmente si sta infrangendo il tabù delle spese militari e il potere di condizionamento di Finmeccanica quale titolare dell'operazione di acquisto e assemblaggio dei 131 cacciabombardieri F35 di ultima generazione, costo complessivo 16,5 miliardi di euro. Un programma che tutti stanno abbandonando tranne l'Italia, dove invece la lobby militar industriale ancora pesa trasversalmente sul panorama politico.

Avevo presentato ancora due anni fa in Consiglio Regionale una mozione per fare pressione sul governo italiano affinché rinunciasse a questo assurdo programma, in palese contraddizione con lo spirito e il dettato della Costituzione Italiana. Mozione che venne approvata, prima regione italiana ad esprimersi in questo senso. Ma che ora anche il governo Monti prosegua su questa strada, tanto che di tagli alle spese militari in queste settimane proprio non se ne è parlato, appare francamente insopportabile. E infatti, al di là dei più cocciuti realisti (anche del PD), finalmente qualche crepa sta emergendo. Tanto sugli F35, quanto sulla necessità di un più generale ripensamento sulle forze armate italiane, in una prospettiva europea. Ne avevo parlato con Giorgio Tonini qualche settimana fa ritornando da Roma, ma le nostre opinioni erano davvero molto distanti.

Sembra quindi un atto liberatorio quello che si vede in prima pagina de L'Unità di oggi, quotidiano che riporta un servizio di due pagine sull'argomento, con tanto di foto che ne fa l'articolo di maggior rilievo dell'apertura del giornale. In serata arriva anche la notizia che a voler ridimensionare questo programma sono persino gli Stati Uniti che gli F35 hanno progettato. Davvero non si può andare avanti così, che l'auspicato cambio di paradigma nella cultura politica dei democratici debba venire dagli Stati Uniti mi fa un po' sorridere. Ma intanto un cambiamento di rotta sul tema delle spese militari e della struttura di difesa, andando nella direzione di una difesa integrata a livello europeo, s'impone almeno sul piano della discussione. Vedremo se anche nei fatti. 

Più recentemente, come Forum avevamo deciso di caratterizzare la nostra partecipazione alla marcia per la pace Perugia Assisi proprio sul tema delle spese militari e degli F35. E così le grandi lettere del Forum "No F 35" hanno fatto il giro d'Italia, diventando una sorta di simbolo di questa battaglia. Forse non è stato inutile.

martedì, 3 gennaio 2012La moschea Sinan Pascià a Prizren, in Kosovo

L'attività riprende a pieno ritmo. Non ci sono ancora scadenze istituzionali, ma c'è tutto il resto e non è poca cosa. A cominciare dal Forum, visto che oggi al Centro servizi culturali S.Chiara si presenta "Caffè Sinan Pascià", la manifestazione conclusiva del percorso sulla cittadinanza euromediterranea che si svolgerà mercoledì prossimo 11 gennaio al Teatro Sociale di Trento. Potete trovare la descrizione di quel che avverrà in quella serata nella prima pagina di questo sito, ma l'idea di trasformare il teatro della città in un caffè mediterraneo, attraversato dalle creature di "Creuza de mä" in omaggio al capolavoro di Fabrizio De Andrè, è davvero affascinante.

Ed è quel che emerge nella stessa conferenza stampa, quasi che la magia della manifestazione avesse un suo prologo in quest'altra parte della città, altrettanto importante sotto il profilo culturale. Sono molto contento di presentare questo evento nel caffè del Centro S.Chiara, fra queste mura che sento un po' anche mie se penso a quei sessanta giorni di occupazione che consegnarono questo splendido luogo - allora in stato di abbandono - alla città. Alla passione e alla fatica che ci mettemmo nel ripulirne i locali per organizzarci eventi culturali, musica dal vivo, momenti di confronto con la città su quel che avremmo voluto diventasse (e che poi è diventato) quello spazio, a come il centralino del vecchio ospedale divenne in quei giorni di giugno di trentasei anni fa il motore organizzativo dell'occupazione che portò alla restituzione alla città altrimenti destinata a divenire un anonimo centro direzionale, al grande spazio verde che ripristinammo affinché i visitatori potessero immaginare quel che avrebbe potuto rappresentare quel polmone nel cuore della città e alla magnolia dai grandi fiori bianchi lasciata all'incuria e che oggi risplende in tutta la sua bellezza all'ingresso del centro.

Penso che la storia di quell'occupazione andrebbe raccontata, recuperando anche il film amatoriale che girammo in quei giorni e che non so proprio che fine abbia fatto.

Qualcuno dei giornalisti presenti mi chiede, a lato della conferenza stampa, quale sia stato l'esito del percorso sul piano della partecipazione. Andrebbe fatta una riflessione seria su un mondo, quello della pace, che avrebbe bisogno di ripensarsi profondamente. E uno degli aspetti forse più importanti di questo tragitto lungo quindici mesi è stato proprio questo: aver fatto uscire la pace dalle secche del pacifismo di maniera, aver coinvolto centinaia di persone e realtà associative che con l'impegno per la pace probabilmente avevano avuto a che fare solo sporadicamente, ma che si sono trovati in sintonia con i pensieri e le suggestioni che di volta in volta venivano proposti a partire dalle loro sensibilità. Un modo per declinare la pace oltre i suoi stanchi rituali.

C'è dell'altro. Nella conferenza stampa voglio ricordare come, proprio grazie a questi nostri itinerari euromediterranei, abbiamo potuto vivere la primavera araba in tempo reale, come se fosse parte integrante di quel che stavamo facendo. Di come la parola "dignità" che titolava i nostri volantini, di quella primavera divenisse via via il simbolo. Perché questo era il messaggio che veniva da quel villaggio dove un giovane tunisino decise che per lui la misura era colma e di come quello stesso messaggio potesse divenire in poche settimane il simbolo dei giovani in tutto il mondo, l'indignazione. Della protesta contro i regimi corrotti e illiberali dei paesi arabi e di quella contro la dittatura della finanza globale. Da Tunisi a Wall Street.

Dire che noi c'eravamo non è affatto retorico. C'eravamo per raccontare alla nostra comunità un'altra storia, che non aveva nulla a che fare con lo "scontro di civiltà", che parlava delle radici comuni di un'Europa che fin dalla mitologia nasceva lungo le rotte di quel mare, che ci ricordava quel che siamo a partire dai saperi che si sono intrecciati nell'arte del pane, nella musica, nelle poesie d'amore.

Non so se ce la faremo a riprendere in una serata i mille rivoli di questo fiume, ma l'attesa è trepidante anche per ciascuno di noi, quasi si trattasse di un esame finale. E già nel pomeriggio fioccano le telefonate per chiederci dove prenotare i posti. Abbiamo messo in campo qualcosa di davvero innovativo, anche nel far lavorare insieme realtà molto diverse. Staremo a vedere.

E sempre attorno alla primavera del Mediterraneo ci eravamo visti qualche ora prima con Ali Rashid e Adel Jabbar per riflettere sulla necessità di supportare quella grande rivoluzione nonviolenta e i cambiamenti che ne sono venuti attraverso luoghi - virtuali e non - di scambio e di confronto. Parliamo di riunire, non sappiamo ancora se a Bari o a Tunisi, le sensibilità più originali di quella primavera, persone come il giovane regista Mourad Ben Cheikh che abbiamo ospitato a Trento e a Rovereto proprio nell'ambito del percorso del Forum, o come Elias Khury che Ali ha recentemente incontrato a Beirut e che si è detto disponibile ad un'ipotesi di questo tipo, al fermento che nasce nel nuovo Marocco attorno al tema dell'autonomia, ma anche delle altre sponde del Mediterraneo - penso ai Balcani - che avrebbero  bisogno di una loro primavera a fronte di un inverno dal quale faticano ad uscire. Parliamo di una piattaforma di dialogo a distanza da realizzare nel corso dell'anno ma che richiederebbe un investimento permanente, al pari di quel che facemmo con Osservatorio Balcani nel 1999.

Decidiamo di sondare altri possibili interlocutori e di rivederci a breve per fare il punto. Vorrei che su tutto questo vi fosse un comune sentire con il nostro assessorato provinciale alla solidarietà internazionale, anche se le nostre lunghezza d'onda faticano ad incontrarsi. Ma la Provincia Autonoma di Trento nel suo complesso c'è ed esprime un'attenzione verso le relazioni internazionali che in molti ci invidiano.  

Nel frattempo, come Forum, già stiamo lavorando al tema della cultura del limite che sarà l'orizzonte dell'attività del Forum a partire dal mese di febbraio. Non so quanto l'innovazione che tutto questo significa nel rappresentare la pace sia colta, così come so bene come quel che scrivo in ordine alla banalità del male possa infastidire qualche anima bella che preferirebbe descrivere il mondo in maniera manichea fra bene e male. Ma il male non è altro da noi e la pace si costruisce nel territorio della guerra come presenza archetipica nella vicenda umana. Se vogliamo ridare significato a parole come pace e diritti umani che la retorica ha svuotato di significato, è necessario costruire una nuova narrazione. Come Forum almeno ci proviamo.

domenica, 1 gennaio 2012Inverno

Prende il via il 2012. L'anno scorso eravamo con i nostri amici messicani Carlos, Pano, Fernando, Gabriela a Oaxaca, insieme ad Annamaria, Iva ed Enzo. Quest'anno l'arrivo del nuovo anno lo festeggiamo fra le mura domestiche insieme ad altri amici cari. Con noi c'è anche Ali che sembra proprio ristabilito dai malanni che l'hanno accompagnato nel corso del 2011 ed anche Ciro che dopo l'operazione sembra finalmente sulla via della guarigione.

Difficile dire se quello che ci siamo lasciati alle spalle sia stato un anno da dimenticare, perché luci ed ombre come sempre si accompagnano. Ma nel brindisi di mezzanotte sono molte le cose che vorrei che il nuovo anno si portasse via.

Eppure, a ben guardare,  è stato un anno di grandi cambiamenti, grazie soprattutto ad una primavera che sta cambiando il volto del Mediterraneo. L'abbiamo seguita passo dopo passo questa nuova stagione,  vivendola da vicino a partire dalle testimonianze dei protagonisti come nei viaggi in Palestina e in Marocco. Una primavera che ha saputo attraversare il mare arrivando sino a noi, con tutta la sua forza di cambiamento e con tutte le contraddizioni che si portava appresso. L'indignazione è arrivata in Spagna, ma senza che la politica fosse capace di raccoglierla. Negli Stati Uniti, rendendo nudo il presidente più forte e fors'anche più solo. In Italia, liberandoci dall'imbarazzo per un premier impresentabile ma che non era affatto estraneo a quel che questo nostro paese è diventato.

Non posso dire che non sia stato un anno proficuo sul piano del mio personale impegno politico e questo sito - visitato nei dodici mesi da oltre 18.500 persone - ne è in una certa misura testimonianza, fra attività istituzionale e ricerca politica, impegno del Forum e il tentativo di costruire percorsi di pace non banali, cercando uno sguardo oltre le emergenze.

Ma non posso nemmeno nascondere lo scetticismo che mi viene dal guardare al presente, troppi i privilegi e gli interessi che vedo in giro a discapito di un futuro sostenibile, troppo grande l'ignoranza, troppa la cattiveria. Ecco quel che vorrei che il 2012 si portasse via, ma so che non sarà così. O forse è solo il mio sentire, segno della stanchezza e della necessità che avverto in cuor mio sempre più forte di passare la mano.  Che presuppone il darsi una certa distanza e quello sguardo curioso per evitare di voler ad ogni costo piegare gli accadimenti alla propria visione del mondo.

Non so se saprò rendere compatibile una politica esigente, che richiede visioni e prospettive di sguardo sempre diverse, con la quotidianità di un impegno che mi costringe nelle pieghe di istituzioni, partiti e luoghi della società civile che andrebbero scossi fin dalle fondamenta. E col passare degli anni, che ti rende sempre più allergico alle perdite di tempo.

In queste prime ore del nuovo anno l'augurio che faccio a me e a tutti voi è solo questo: non smarrire il dovere all'indignazione e il piacere alla meraviglia. E che arrivi un po' di neve, per dio.