"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

31/01/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
acqua
La prima giornata della sessione del Consiglio provinciale si accende nel pomeriggio quando arriva in trattazione il Disegno di Legge di Borga e del PDL sull'acqua che prevede, udite udite, la totale pubblicizzazione del servizio idrico in Provincia di Trento. Presentato il giorno seguente la vittoria del sì al referendum, nelle intenzioni del proponente il DDL aveva lo scopo - evidentemente provocatorio - di svelare l'imbroglio (come lui lo definisce) del voto referendario. Ovvero passando dall'obbligo alla privatizzazione della gestione del servizio idrico, all'obbligo opposto mettendo così in mora ogni forma gestionale decisa in piena autonomia dai Comuni che non sia quella della gestione diretta.

Con il consigliere Borga ci siamo confrontati anche direttamente durante la campagna referendaria e la sua posizione sulla gestione dell'acqua è ben lontana da quella di Alex Zanotelli e di chi non accetta nemmeno la gestione "in house" attraverso società interamente pubbliche. E quindi l'imbroglio sta proprio nella sua proposta. Perché il referendum si proponeva di togliere di mezzo il furore ideologico dell'obbligatorietà nella gestione dell'acqua e per questo la partecipazione è stata così ampia e trasversale.

In ogni caso nel mio intervento ringrazio Borga, al di là del carattere provocatorio da lui stesso ammesso della sua proposta, perché ci dà l'occasione per fare il punto su quel che si sta facendo per essere conseguenti all'esito del voto referendario su un tema tanto importante e delicato. Ed anche per evidenziare il fatto che l'esito referendario ha effettivamente sparigliato le carte di due schieramenti che portavano analoghe responsabilità nel processo di privatizzazione dell'acqua. Tant'è che nell'attuale governo avvertiamo l'onda lunga di chi in entrambi gli schieramenti considerava una iattura il referendum e che cancellerebbero volentieri l'espressione popolare, magari bollandola come emotiva, in nome di un liberismo tutt'altro che messo da parte. Le lezioni, si sa, sono difficili da imparare e non mi pare che la cultura del limite faccia parte delle sensibilità di chi invoca la crescita ad ogni costo.

Il consigliere Borga nella sua illustrazione parla di silenzio assordante dei propugnatori dell'acqua pubblica. In realtà se c'è qualcosa di assordante è il fatto che i sei mesi che ci separano dal voto referendario sembrano un secolo, tanto quel segnale politico straordinario lo si vorrebbe negare rilanciando la privatizzazione dei servizi.

Allora ricordo ai proponenti che in Trentino, prima ancora dell'esito referendario, ci siamo attivati non solo per la sua riuscita ma per attivare le prerogative della nostra autonomia per salvaguardare la potestà dei Comuni di continuare a gestire il servizio come avevano sempre fatto. Questo era l'intento e ciò che abbiamo fatto nella finanziaria 2011, con in più un altro atto politico rilevante, l'approvazione dell'ordine del giorno n.184 (16 dicembre 2010) con il quale si impegnava il governo provinciale a muoversi per lo scorporo del ramo acqua da Dolomiti Energia verso la formazione di un nuovo soggetto interamente pubblico per la gestione dell'acqua, per far sì che anche nei 17 comuni che avevano affidato a DE la gestione del servizio idrico avvenisse un processo di piena ripubblicizzazione.

Ed è quello che si è fatto in questi mesi. Adeguando nell'ultima finanziaria la legislazione provinciale in virtù dell'esito referendario e proponendo ai Comuni di Trento e di Rovereto, principali azionisti di DE, di procedere allo scorporo dell'acqua attivando per questo una specifica clausola prevista all'atto di assorbimento di Trentino Servizi in Dolomiti Energia.

Un processo non semplice e per questo particolarmente importante, sia per mettere a disposizione dle sistema trentino un nuovo soggetto in grado di fare sistema non solo per i 17 comuni (che comunque rappresentano - è bene ricordarlo - circa il 50% delle utenze trentine) che sono in DE ma per tutto il Trentino e per tutti i comuni che ne vorranno far parte, sapendo che la gestione in economia dei singoli comuni è costosa e comunque si rivolgono in genere a DE per una serie di servizi che i singoli comuni non sono in grado di garantire.

In questa direzione si sta lavorando e, lo voglio dire a chiare lettere, questo è un risultato significativo del nostro lavoro. Ne avevo parlato proprio ieri con Emilio Molinari, fra i promotori del Contratto mondiale per l'acqua, il quale mi assicurava che il percorso di ripubblicizzazione che stiamo portando avanti in Trentino è di assoluto valore.  E questo nonostante l'ideologismo che di chi sta facendo dell'acqua il simbolo di una nuova frontiera rivoluzionaria, e dei "beni comuni" lo spartiacque del bene e del male. Ma il bene comune è molto più semplicemente un pezzo della storia di autogoverno di questa terra, qualcosa che unisce piuttosto che dividere.

Un impegno che continuerà nei prossimi mesi, perché è piuttosto probabile che nei provvedimenti del governo Monti il tema della privatizzazione della gestione del servizio idrico, accompagnato dall'esito referendario fuori dalla porta, possa rientrare dalla finestra. E perché sul tema della proprietà degli acquedotti (bene demaniale sì ma "accidentale", ovvero non obbligatoriamente di proprietà demaniale) mi sa che forse dovremmo metterci al riparo anche sul piano legislativo.  

A fine serata scambio due battute con Borga. Gli chiedo scherzosamente che cosa accadrebbe se la maggioranza decidesse di votare a favore della sua proposta. E mi sa che si troverebbe davvero in imbarazzo, tanto da doverlo ritirare.

 

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