"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

14/11/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Scugnizzi

Dei primi tre giorni di questa settimana, vi propongo altrettante immagini.

La prima è la conversazione con Antonio. Insieme stiamo progettando l'evento conclusivo del percorso sul "Limite" del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Vi ricordate lo scorso gennaio il "Sinan Pascià" al Teatro Sociale? Bene. Quest'anno l'evento conclusivo lo abbiamo previsto per il primo giorno di primavera o giù di lì. Un titolo ancora non c'è ma stiamo girando attorno ad un concetto come "Paesaggi dentro" per descrivere un tema, quello del limite, che ha molto a che fare con i cambiamenti che attraversano il nostro immaginario prima ancora che le nostre esistenze. Per la mente ci passano brani musicali ormai dimenticati, ma che pure nella seconda metà del secolo scorso hanno raccontato le trasformazioni delle nostre città e di noi dentro questi paesaggi... parliamo dei testimoni che in quell'occasione vorremmo invitare e che ci aiuteranno a capire come è cambiato in profondità - nelle vite e nelle relazioni - questo paese, pensiamo a come sarebbe bello avere con noi alcune persone che rappresentano di questa nostra terra la diversità. Le idee non mancano. Con Antonio, pure figlio di un'altra generazione, ci sono sintonie profonde... Ne verrebbe lo spaccato di un tempo che nella trasformazione ha conosciuto la fatica dello spaesamento... l'impegno per la pace si arricchirebbe di uno sguardo inconsueto.

La seconda immagine è la brutta sala del Palazzo della Provincia di Bolzano dove si svolgono in questa seconda parte di legislatura gli incontri del Consiglio Regionale e l'amaro prendere atto dell'inutilità di un'istituzione che, almeno in queste forme, non ha più nulla da dire. E' dall'avvio di questa legislatura che, tranne qualche raro momento, siamo partecipi dell'inesorabile esaurirsi di un'assemblea regionale che va radicalmente ripensata, sgombrandola da ogni residua competenza e immaginata come un luogo di scambio e di relazione fra le nostre autonomie in una prospettiva europea. Di questo, ai margini della seduta di martedì, parliamo con Paolo e Margherita. Per riuscire almeno a lasciare, prima che questo mandato arrivi a conclusione, una proposta che possa ridare senso e dignità al luogo dell'incontro fra il Trentino e il Sud Tirolo. Avremmo, io credo, molte cose da dirci fra trentini e tirolesi. A cominciare dal condividere una narrazione sulla storia di queste terre di confine unite, pur nella profonda diversità, da un destino comune. Invece qui dentro nemmeno conosciamo i nomi di tutte le persone che compongono l'assemblea.

La terza di immagine è lo sciopero europeo. Il 14 novembre 2012 potrebbe costituire una data storica, per la prima volta i lavoratori dei 27 paesi dell'Unione (in realtà solo di 23, che pure non sarebbero pochi) incrociano le braccia per affermare i loro diritti. Ma così non sarà, perché questi diritti sembrano piuttosto confliggere fra loro tanto distanti sono le condizioni sociali, di trattamento salariale, di normative a tutela della salute e dell'ambiente di lavoro che troviamo nei paesi europei (che pure non solo quelli dell'Unione). Dobbiamo riconoscere che l'Europa sul piano del lavoro proprio non c'è. Per lo stesso lavoro, nei paesi del vecchio continente, c'è chi riceve duecento euro e chi tremila. Questi ultimi si guardano bene dal mettere in discussione quel che hanno conquistato, ma il ricatto della delocalizzazione delle imprese nelle aree dove si lavora per un pugno di euro con turni di dieci o dodici ore prima o poi arriverà (in realtà è già arrivato) e saranno (sono) dolori. A meno che i metallurgici tedeschi non pensino di potersi chiudere nel proprio guscio...  mentre un'altra umanità, sempre in questa stessa Europa, si trova costretta ad accettare condizioni di semi schiavitù. Potremmo parlare della scuola, viste le mobilitazioni di questi giorni, e non sarebbe tanto diverso... Ma invece di riflettere su tutto questo, va in scena la ritualità, le parole d'ordine e le modalità sono quelle di sempre, si dice basta con le politiche di austerità come se all'orizzonte si potesse (o fosse giusto) immaginare una nuova stagione di sviluppo e di rilancio dei consumi invece di interrogarci sull'insostenibilità dei modelli economico/sociali fin qui conosciuti. Sì, occorrerebbe una visione europea, servirebbero politiche europee, sindacati europei, partiti europei... in grado di connettere territori e condizioni così diverse fra loro, nel farsi carico di tali diversità allo scopo di mettere fine al ricatto della delocalizzazione selvaggia nei lidi della deregolazione. Ma, a guardar bene, i primi a non volere l'Europa politica sono proprio coloro che questa diversità così profonda non la intendono affatto mettere in discussione. Riappaiono persino gli scontri con la polizia, scene da lotta di classe, stanchi rituali nel sonno della ragione e nel vuoto dei pensieri.

 

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