"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

14/09/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
un albero di cemento

Ritorna in Terza Commissione Legislativa la questione della navigazione a motore del tratto trentino del Lago di Garda. Giovedì pomeriggio ci sono infatti le prime audizioni sui Disegni di Legge che propongono di rivedere la normativa provinciale che vieta ogni forma di navigazione a motore che non sia il servizio pubblico. Tanto il Consorzio dei Comuni, come i Comuni interessati, esprimono perplessità o comunque un assenso ai motori elettrici molto condizionato che non può essere di certo interpretato come un sostegno ai Disegni di Legge.

Un no forte e chiaro viene invece dalle associazioni velistiche della zona. In questo caso non è affatto un "non nel mio giardino", bensì la proposta di una visione dell'economia del Garda e del fatto che la chiusura alla navigazione a motore ha rappresentato dagli anni '90 in poi uno dei biglietti da visita più prestigiosi per la proposta turistica e sportiva dell'Alto Garda.

I numeri che vengono snocciolati sono impressionanti: 140.000 presenze all'anno dovute alla vela; una stagionalità diffusa con 150 giorni di regate, prerogativa che nessun'altro luogo al mondo può vantare; la presenza ogni anno di nazionali velistiche che vengono qui ad allenarsi da ogni parte del mondo; milleduecento soci velisti e fra questi parecchie medaglie olimpioniche; scuole di vela per ragazzi che sono sempre accompagnati dalle loro famiglie; un impatto sul turismo trentino che si può paragonare sul piano dei numeri a quello congressuale.

E poi una considerazione che ritengo decisiva: non è una questione di inquinamento (sotto questo profilo il battello della Navigarda è ben più impattante) ma una questione di identità. Perché si viene nell'Alto Garda trentino perché il divieto di navigazione è un potentissimo messaggio per la promozione del territorio.

Vogliamo compromettere tutto questo? E per che cosa poi? Per qualche ricco turista che vuol venire a cena a Riva del Garda? I proponenti assicurano che le cose non sono in alternativa, ma chi conosce il settore afferma in maniera netta che la vela non è conciliabile con la navigazione a motore. Altre audizioni verranno effettuate e mi auguro che prima di mettere in discussione questi risultati ci si pensi con attenzione.

Mi spiace che una di queste proposte, forse quella più impattante, venga da una forza politica della maggioranza. Ma l'opinione di gran parte dei consiglieri è di forte perplessità, quando non di netta contrarietà.

Il mattino di venerdì ho una fitta agenda di appuntamenti per il programma del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani "Nel limite. La misura del futuro", che nei prossimi mesi entra nella sua fase più intensa. Devo però dire che la cosa che più mi sconcerta viene dalla lettura dei giornali. Dopo essermi ritrovato fra le fila dei sostenitori di Pierluigi Bersani senza averlo mai deciso (L'Adige di mercoledì scorso), dopo la notizia - anch'essa senza fondamento - del vicepresidente Ale Pacher con Matteo Renzi (sparato in prima pagina del Trentino di qualche giorno fa), leggo oggi con un certo stupore il titolo dell'editoriale de L'Adige a firma del sindaco di Trento Alessandro Andreatta, "Io sto con Renzi". Scorro l'articolo e di questa scelta non c'è proprio traccia in tutto lo scritto. Una cosa è infatti affermare che la candidatura del sindaco di Firenze alle primarie del centrosinistra può essere uno stimolo positivo al dibattito e al rinnovamento della politica (indicando peraltro tutti i distinguo sul concetto di rottamazione), altra cosa è lo schierarsi a suo fianco. Non sono di certo l'interprete del pensiero di Alessandro
Andreatta, ma se le parole hanno ancora un senso (e mi ostino a pensare che sia così) queste andrebbero rispettate per quello che si dice o si scrive.

Ci incontriamo con Paolo Ghezzi, giornalista ed editore delle edizioni "Il Margine" per parlare della conversazione in programma con Goffredo Fofi in ricordo di Andrea Zanzotto il 18 ottobre, nel primo anniversario della sua scomparsa. Proprio nelle edizioni dell'Asino (la piccola casa editrice diretta da Fofi) nel 2009 era uscito "Il Veneto che amiamo", un'intervista a Luigi Meneghello, Andrea Zanzotto, Mario Rigoni Stern e Fernando Bandini, scrittori e poeti che hanno indagato la loro terra e lo spaesamento che l'attraversava. Bisognerebbe riflettere sul fatto che proprio questa terra dove la perdita d'identità sociale ha prodotto i maggiori guasti, abbia espresso in questi anni le cose migliori sul piano della poesia, della letteratura, del teatro popolare. Come se il meglio della parola nascesse nelle condizioni estreme.

Potrebbe essere una metafora per la politica (e forse è solo un caso che in queste ore sia emersa la candidatura alle primarie di Laura Puppato che del profondo disagio della marca trevigiana è espressione). Al contrario vedo solo un crescere di violenza verbale (e di furbizia) attorno alla politica, un dibattito che nel vuoto delle idee assume le caratteristiche di scontro generazionale. Sarebbe devastante e per la verità già un po' lo è. Chissà che in questo tempo gridato non ci possa venire in aiuto proprio la poesia...

 

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