"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

03/09/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
La sede del PD del Trentino

La prima settimana di settembre si presenta con un'agenda molto fitta di impegni. Iniziamo con la terza commissione legislativa provinciale chiamata a votare un provvedimento che rinnova profondamente la legge 14 del 1980 sull'energia, se non proprio un provvedimento quadro qualcosa di abbastanza vicino e che completa la legislazione provinciale in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico. Il Disegno di Legge unifica cinque diverse proposte attorno al testo proposto dal consigliere Renzo Anderle dell'UpT e riprende anche il voto del Consiglio Provinciale (su mia proposta) sulla necessità di regolamentare la proliferazione delle antenne delle compagnie telefoniche. Arriverà in aula già nel mese di settembre.

A seguire, nel pomeriggio di lunedì, la prima riunione del Gruppo consiliare. Discutiamo dell'accordo raggiunto in sede di capigruppo regionali per quanto riguarda la riforma delle indennità, tema di scottante attualità sul quale, finalmente, sembra profilarsi un intervento che mette mano alla struttura dello stipendio, cancellando la diaria, realizzando un risparmio del 10% dei costi e portando il contributo di solidarietà per gli ex consiglieri al 12%. La proposta, che si aggiunge agli interventi di sterilizzazione degli aumenti scattati nel corso della legislatura (che hanno prodotto un taglio di circa 1.700 euro mensili) e all'abolizione dei vitalizi già operato nella scorsa legislatura, dovrebbe scattare nel dicembre 2013, con l'avvio della nuova legislatura. Su questo punto il gruppo regionale del PD aveva chiesto l'entrata in vigore immediata ma questo rischia di far
saltare l'accordo e portare al nulla di fatto. Il giudizio sulla riforma è certamente positivo e dunque mi sembrerebbe sbagliato che sull'entrata in vigore ci mettessimo a fare i primi della classe e in questo senso mi esprimo. E infatti nella riunione del giorno successivo il solo annuncio di un possibile emendamento su questo aspetto provoca, come avevo previsto, la reazione negativa di tutti. L'intesa è troppo importante e va bene così.

In serata si riunisce il Coordinamento del PD del Trentino. In genere non partecipo alle riunioni del Coordinamento, pur essendo i componenti del gruppo consiliare provinciale invitati permanenti. Un po' per il sovraccarico di impegni, un po' per mantenere una qualche distanza da un progetto politico che considero ancora lontano dal partito territoriale che vorrei . Più passa il tempo, più mi convinco che la vera riforma della politica passi da quel cambio di paradigma che si dovrebbe fondare sulla natura territoriale e sovranazionale dell'agire politico. Un progetto che oggi non sembra essere nelle corde del PD, del partito a livello nazionale ma nemmeno in quello del Trentino.

Un'idea che non ritrovo nemmeno, a ragion del vero, nella recente evoluzione della proposta di Lorenzo Dellai, perché lo scarto di pensiero che l'idea territoriale e federalista si propone non c'entra un bel niente con la riproposizione di un nuovo soggetto ad ispirazione degasperiana che invece ci riporta nel solco novecentesco di uno schema che ripropone una destra, un centro e una sinistra. Ma su questo ritornerò con un intervento nei prossimi giorni.

Scelgo di partecipare alla riunione del Coordinamento perché voglio capire come si profila il dibattito dopo le innumerevoli esternazioni di questi giorni che investono anche il futuro assetto politico del Trentino nel "dopo Dellai" (e alle quali mi sono ben guardato dal partecipare). Sono abbastanza dentro le cose della politica per non comprendere che quello che si delinea nella pur veloce dinamica di una riunione di coordinamento, sono almeno due strade diverse e, vorrei dire, di natura congressuale. Che partono da una diversa narrazione del Trentino governato dal centrosinistra autonomista per giungere ad una diversa impostazione che riguarda il ruolo dell'autonomia, il modello di sviluppo e la presenza pubblica nell'economia, la cooperazione... solo per indicare alcuni dei titoli sul tavolo del confronto.

La questione non è di che tessera debba avere in tasca il prossimo presidente della Provincia Autonoma di Trento, il nodo è se siamo in grado di costruire su questi temi un minimo comun denominatore nel centrosinistra autonomista che fino ad oggi ha visto come garante la figura di Lorenzo Dellai. Dobbiamo dirci onestamente che questa sorta di tutela personale, per quanto intelligente e innovativa, non ha fatto crescere un sentire comune e nuove sintesi culturali. Tanto che ogni soggetto politico (e, nella debolezza della politica, gli assessori di riferimento) ha teso ad accentuare il proprio spazio vitale piuttosto che fluidificare i pensieri. Ora, di fronte alle nuove sfide e ad un cambiamento strutturale del contesto economico finanziario nel quale si trova ad agire anche il Trentino, questa "vision" condivisa non può essere delegata alla figura di un garante (anche se l'equilibrio del candidato presidente certo potrebbe aiutare) ma alla capacità della coalizione di trovare una propria rotta. Qui misureremo continuità e discontinuità.

In questo quadro la metodologia della scelta del presidente è certamente importante, ma non può essere "la" questione. E invece, come già sembra avvenire sul piano nazionale, questo è diventato lo strumento per regolare i conti nel PD. Perché non c'è ombra di dubbio che la candidatura di Renzi contrapposta a quella di Bersani non si configura come la selezione del candidato migliore, ma come una sorta di congresso non convocato e in assenza di tesi (che non sia quella della rottamazione). E' evidente che se Bersani dovesse perdere le primarie (oppure ottenere un risultato non proprio convincente) salterebbe il PD. Oltre ad evidenziare la contraddittorietà di uno statuto che prevede che il segretario nazionale sia il candidato premier ed il ricorso alle primarie come regola aurea per la definizione della medesima funzione.

In questi anni di crisi della politica le regole sono diventate la panacea di ogni male. Nell'incapacità di cogliere i processi di profonda trasformazione che segnano questo tempo. E nascondendo un tema di fondo che riguarda la distinzione fra il ruolo della politica e quello delle istituzioni. Voglio dire che quando è stata introdotta l'idea che fosse il cittadino elettore il titolare della soggettività politica ci siamo cacciati in un vero e proprio cul de sac. Senza dimenticare che le regole non sono neutrali, perché quest'idea è l'effetto di una logica di natura plebiscitaria (e maggioritaria) dove i partiti sono ridotti a macchine elettorali. Un'idea nella quale non mi riconosco affatto.

Sono nodi irrisolti che vengono a galla. E visioni diverse. Non sarà facile venirne a capo, specie se le scelte saranno dettate più dai destini personali che dalla passione politica.

 

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