"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

19/09/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Ulivo secolare

Stefano mi chiede: quanti nella sfera della politica si stanno rendendo conto di quel che accade? La sua spiccata sensibilità
corrisponde al bisogno che avverte di non essere solo nell'interrogarsi sulle cose del mondo. Gli rispondo che potremmo rivolgere la stessa domanda alla cosiddetta società civile, all'informazione o ai cittadini e probabilmente la risposta sarebbe sostanzialmente la stessa. Perché nonostante le nubi si stiano addensando, la superficialità dello sguardo sul presente appare davvero disarmante.

Come non comprendere, ad esempio, che il voto del 6 novembre 2012 negli Stati Uniti d'America sarà cruciale non solo per il futuro di quel paese ma anche per scongiurare scenari inquietanti e nuove guerre regionali? Uno dei passaggi più importanti della presidenza di Barack Obama è stato il suo discorso all'Università del Cairo il 4 giugno 2009, quando di fronte a migliaia di studenti propose un nuovo inizio nelle relazioni fra Stati Uniti d'America e mondo islamico. Ed ecco che, in piena campagna elettorale per le presidenziali americane, scatta un'odiosa provocazione come il film su Maometto che infiamma il mondo arabo e non solo. Da dove nasce questa operazione? Come non vedere la comunanza di obiettivi fra la destra americana, il governo israeliano e al-Qaeda? Così al TG2 della sera ricompare Fiamma Nirenstein, deputata PDL  e vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera, che si scaglia contro l'attuale presidenza USA e la primavera araba. Parole, le sue, davvero inquietanti.

A quarant'anni dall'uscita del Rapporto del Club di Roma sui Limiti dello sviluppo (nella versione inglese, The Limits to Growth, la parola usata era "crescita"), di fronte ad una crisi globale diventata condizione normale, siamo in preda all'ossessione... della crescita. La dittatura del PIL e la finanziarizzazione dell'economia piegano le democrazie, ma tutto questo sembra rientrare nell'ordine naturale delle cose. Nemmeno i cambiamenti climatici di cui ci accorgiamo a vista d'occhio con la scomparsa delle specie, il progressivo scioglimento dei poli e dei ghiacciai, la tropicalizzazione del clima nelle regioni temperate, turbano i nostri stili di vita.

In questo quadro la politica è preda dei suoi rituali, vecchi e nuovi che siano. Ne parlo in una conversazione telefonica con una giornalista di un quotidiano locale che vuol sapere come mi colloco nel dibattito sulle primarie. Le parlo della necessità di rinnovare il pensiero, dell'inadeguatezza dei nostri strumenti interpretativi, della necessità che la politica assuma il paradigma territoriale come leva per abitare un presente globale, non esce una parola. Da che parte stai? Tu devi entrare nel suo schema, punto e basta. E se dico che il dibattito sulla rottamazione mi sembra odioso, perché semmai la questione è come la mia generazione riuscirà ad elaborare il proprio tempo e a scoprire la bellezza del passare la mano, ecco che la notizia diventa questa: Nardelli medita di lasciare.

Che nei miei pensieri vi sia un forte desiderio di tornare a fare quel che facevo prima di questa esperienza istituzionale, magari con un po' di più leggerezza e di tempo da dedicare alla scrittura (ho nei miei appunti tre libri da scrivere), è senz'altro vero. Ma non c'è ancora da parte mia una scelta. E le telefonate degli amici che mi esortano a continuare o a lasciar perdere, mi sono di conforto ma non di aiuto. Credo sia giusto interrogarsi, lo richiede un po' di onestà intellettuale se non altro di fronte alla diffusa ed esasperata volontà di essere rieletti. E mi aiuta la consapevolezza che il fascino del potere è una droga, più potente ancora dei privilegi che ne vengono.

Ai quali in questi giorni abbiamo dato peraltro un altro piccolo ma importante taglio con il voto a larga maggioranza del Consiglio Regionale. Come per miracolo, in poche ore si vota la legge di riforma del trattamento economico dei consiglieri. Ne parlo diffusamente altrove e mi fermo qui. Dico solo che se oggi la politica è ridotta com'è, lo si deve anche ad una progressiva degenerazione dovuta allo status che ne viene e allo smarrirsi della coscienza civile che porta alla elezione di personaggi squalificanti, il che accade - ve lo posso assicurare - non solo nella Regione Lazio. La logica del voto di scambio non è poi molto diversa da quella della rappresentanza di valle o di corporazione.

Spero che in questi quattro anni di impegno consiliare il mio sguardo non si sia appannato. Anche in queste ore (ma questo diario giunto alla ottocentotrentatresima puntata lo testimonia) gli incontri, i dibattiti, le iniziative istituzionali e quelle del Forum o quant'altro, indicano un profilo di lavoro che non ha mai smesso di incrociare lo sguardo lungo con le cose più vicine alla vita quotidiana. Anche l'incontro con l'assessore Olivi affinché nella prossima finanziaria il tema dell'animazione territoriale possa trovare uno spazio adeguato, quello con i giovani di Punto Europa per la programmazione della formazione sull'Europa di mezzo, l'incontro delle commissioni regionali che si riuniscono per fare il punto su PensPlan (anche grazie alla mozione approvata in Consiglio Regionale della quale ero primo firmatario) anche come occasione per parlare delle dinamiche della finanza globale, il sopraluogo con il Sindaco di Trento Alessandro Andeatta e l'assessore Italo Gilmozzi sul futuro di piazza della Mostra a Trento, la cui rinascita potrebbe iniziare proprio dalla nostra iniziativa del Cafè de la Paix... e molte altre cose ancora credo possano riuscire ad esprimere questo profilo.

 

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