"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

07/11/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Terre alte

Esce sul quotidiano "L'Adige" una lunga intervista al presidente Lorenzo Dellai. Due pagine a cura del direttore Pierangelo Giovanetti, titolo sparato sulle dimissioni a febbraio, candidato alla Camera dei Deputati per un partito che ancora non c'è. Ad un'attenta lettura dell'intervista, in realtà le parole sono molto più caute, "se ci sono le condizioni politiche..." dice il presidente. Forse perché il flop dell'API ancora brucia.

In realtà il progetto di Casini di allargare l'area di centro non mi pare rappresenti una grande novità sul fronte politico, mentre
quello che vede coinvolti il ministro Riccardi, il presidente delle Acli Olivero e il capo della Cisl Bonanni si configura come la proposta di scomporre l'idea originaria del PD (una nuova sintesi culturale prima ancora che politica) nello schema classico di un centro (di ispirazione degasperiana) e di una sinistra socialdemocratica. Le due cose possono anche incontrarsi ma la natura dell'operazione non cambia.

Del paradigma territoriale, ovvero l'unica strada che io vedo oggi possibile per ripensare la politica, nell'intervista di ieri nemmeno una parola. E' solo la sintesi giornalistica o non è invece un ritorno al passato per giustificare l'operazione nazionale e (sempre che funzioni) una possibile collocazione governativa del presidente? E dov'è finito il progetto delle "terre alte"?

Che prenda corpo sul piano nazionale, in vista delle elezioni politiche, un nuovo soggetto politico capace di intercettare un'area moderata e centrista in libera uscita (ma da dove?) e che guardi a sinistra, personalmente non ho nulla in contrario. Ma al tempo stesso dobbiamo dirci senza reticenze che questo progetto nasce in un orizzonte dove lo schema di gioco è quello di sempre.  E non credo, ma mi posso sbagliare, che ancora funzioni. Le elezioni siciliane ci hanno fatto capire che i voti in uscita dal centrodestra non vanno certo ad aumentare né il peso del PD, né quello dell'UDC. Stanno a casa piuttosto, oppure vanno ad
ingrossare le fila del Movimento 5 Stelle che, lungi dal rappresentare un'alternativa all'astensionismo, pesca a destra e a manca.

Ci siamo detti in questi anni (anche con Lorenzo Dellai) che questo schema andava messo in discussione, rimescolando le carte e proponendo uno sguardo diverso, insieme territoriale ed europeo. Non un progetto locale, ma dei luoghi in rete con l'interdipendenza. Non è una forzatura intellettuale, è la cifra dei problemi - territoriale e sovranazionale - a suggerirlo, quando quella nazionale è ormai fuori scala se non per dei corpi intermedi tradizionali che da qui traggono la propria autoreferenzialità.

Immaginare la politica in uno scenario diverso, con discriminanti diverse. Cercando di far convergere su questa prospettiva tanto il PD del Trentino che l'UpT. E insieme tante altre persone che oggi sono prive di appartenenza ma che avvertono urgente una diversa rappresentazione politica da quella proposta dai salotti televisivi (a proposito di politica salottiera, per usare l'espressione ingenerosa di Dellai verso il PD del Trentino).

Lo scenario elettorale è forse il meno adatto per costruire soggettività politiche nuove, troppo inquinato dai destini personali. Ma staremo a vedere. Intanto, il solo annuncio di una proposta trasversale che rimetta in carreggiata la coalizione sta creando molta attenzione ed altrettanta fibrillazione.

Perdo una notte a vedere quel che accade negli Stati Uniti. Ore di trepidazione, che alla fine si concludono con un respiro di sollievo. Pensare di nuovo i fondamentalisti alla Luttwak alla Casa Bianca era davvero troppo. Ne parlo sulla home page di questo sito. Ascolto il discorso di Obama e, nonostante l'empatia di un momento tanto emozionante, penso fra me che siamo ancora ben lontani dal cambio di paradigma di cui (in molti?) sentiamo il bisogno.

 

1 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 09 novembre 2012 10:32
    Tranquillo che arriva. Gli illuministi ci hanno messo decenni a far ragionare la gente e poi, quando la rivoluzione è arrivata, solo pochissimi di loro sono stati eletti all'Assemblea.
    La gente voleva persone pragmatiche e nuove a decidere delle sorti del Paese.
    Dellai & co non hanno un futuro politico ed è un bene se il tuo nome non è associato al "vecchio".
    Lo so che questa cosa è triste - perché c'è molto da salvare del "vecchio" e il "nuovo" può essere peggiore del "vecchio" (chi ha creato Renzi sa che, nelle attuali circostanze, la rottamazione è il metodo migliore per cambiare tutto senza cambiare niente) ma il compito dei riformatori sarà quello di tenere il treno del cambiamento nei binari della democrazia costituzionale, non certo quello di farlo rallentare (sarebbe impossibile) per recuperare chi è rimasto a terra.
    Chi poteva capire ha già capito; chi non ha capito è perché non poteva o voleva capire e continuerà a negare la realtà, perché la teme e/o la disprezza.
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