"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

22/10/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Paul Klee

Gli effetti della decisione di Alberto Pacher di non ricandidarsi alle elezioni provinciali del 2013 segnano l'avvio della settimana. Al di là delle valutazioni che si possono fare su tale scelta, non c'è dubbio che essa rappresenti un sasso gettato nelle acque stagnanti di un partito che dava quasi per scontata la propria leadership e ad una coalizione che in questi anni non ha saputo costruire una visione condivisa del presente e del futuro del Trentino.

Vediamoli per un attimo questi due aspetti. Quella di Alberto Pacher era considerata la candidatura naturale per il dopo Dellai. Ma ciò nonostante solo nell'ambito del PD del Trentino c'erano (ci sono) almeno altre tre autocandidature: Alessandro Olivi, Luca Zeni, Donata Borgonovo Re. Da tempo nel partito non si discute d'altro, quasi dando per scontato che i voti arrivino a prescindere. Basterebbe uno sguardo sulle attività dei circoli e sull'iniziativa politico progettuale provinciale, per capire che l'attenzione è più, per così dire, sui blocchi di partenza piuttosto che sui nodi che investono una comunità alle prese con un passaggio molto delicato della propria storia. Il fatto è che la leadership di un partito nella coalizione si conquista con le idee, con una visione di futuro e con la capacità di costruire coesione. Tutto ciò richiede di saper affrontare le contraddizioni con uno sguardo diverso, dunque nuove sintesi culturali che ci aiutino a guardare ai problemi con angolature diverse. Ma questo è esattamente il nodo che si evince, sotto una descrizione devo dire fuorviante (la collocazione più o meno a sinistra del PD), nella lettera Alberto Pacher.

Perché il nodo di fondo, tanto per il PD del Trentino quanto per la coalizione di centrosinistra autonomista, è la narrazione di questa terra e del ciclo politico avviato con la leadership di Lorenzo Dellai. Il Trentino è una realtà che ha saputo costituire un modello alternativo a quello padano oppure rappresenta un sistema di intrusione pubblica nel libero mercato? La cooperazione è un tratto decisivo di diversità economica e sociale o è il manifestarsi della "magnadora"?  I Vigili del fuoco volontari (e più in generale il sistema della protezione Civile) sono un fattore di coesione sociale o l'esercito del Presidente? Le Comunità di Valle sono un passaggio essenziale nel processo di trasferimento dei poteri verso il territorio o un nuovo carrozzone per sistemare un po' di ceto politico? Potrei continuare...

Questo ovviamente non significa che non vi siano problemi o che non vi sia stata una spiccata attitudine ad accentrare nelle mani di un uomo solo al comando un potere molto forte. Che, non andrebbe dimenticato, è la conseguenza prima dall'elezione diretta del capo dell'esecutivo voluta a furor di popolo. Ma il problema  è che se gli stessi partiti che sono stati protagonisti di questa stagione non sono capaci di un bilancio politico e di interrogarsi sul Trentino di oggi dando risposte coerenti, si capisce il perché il confronto/scontro oggi avvenga fra continuità e discontinuità all'interno della stessa area politica, quasi a rappresentare insieme il governo e l'opposizione. Come non è affatto casuale che nel corso di questi quattro anni di legislatura mi sia frequentemente trovato a disinnescare le mine che venivano dalla stessa maggioranza di governo. Temi che riprenderò nei prossimi giorni in un intervento pubblico.

Alla sala Depero della Provincia incontro gli anziani di Folgaria. Dovrei descrivere come funzionano le istituzioni provinciali. Ne approfitto invece per ragionare con loro sul valore della politica, su quel che sarebbero le relazioni fra gli esseri umani in un contesto di diritto naturale segnato dalla legge del più forte, ma anche sulla difficoltà della politica nel descrivere un contesto segnato da cambiamenti profondi e che continua a venir letto con gli occhiali del Novecento. Per dire di come la cultura (e la poesia come sua massima espressione) possa - in questo deficit di sguardo - venire in aiuto alla politica. Per parlare del valore della nostra autonomia (e del volontariato) come fattore di coesione sociale. Dalle strette di mano e dalle parole che mi rivolgono a conclusione del nostro incontro, traggo la considerazione che in fondo la politica fatica a comunicare quando non ha
niente da dire.

Gli incontri si susseguono per cercare di capire quali possono essere le strade da percorrere. Non nascondo la preoccupazione. Il venir meno di una figura di garanzia come Pacher nella maggioranza crea uno squilibrio, fra chi rivendica una sterzata in senso moderato e chi una maggiore centralità del PD. Riemerge una dialettica vecchia e logora.

Affermo nei vari colloqui che occorre un'accelerazione verso quel partito territoriale, in rete con altri territori e in una dimensione europea, che riprenda il cammino di ricerca politica che né il PD, né l'UpT, né altri... hanno saputo rappresentare.

Negli incontri del Coordinamento e dell'Assemblea del PD del Trentino l'ordine del giorno è ovviamente condizionato dallo sconquasso di queste ore. Ma invece di riflettere apertamente sulle questioni sollevate dalla lettera di Pacher e sugli scenari che si aprono, l'impressione è che a prevalere sia l'ipocrisia, quasi che in fondo - al di là delle espressioni formali di vicinanza umana - il defilarsi del vicepresidente sia visto semplicemente come un problema in meno.

Michele Nicoletti, nella relazione con la quale introduce l'assemblea, dice che l'intento costitutivo del PD in Trentino è oggi realtà e che basterebbe uno sguardo sulla sala per ritrovare l'arcobaleno di tante storie diverse. Eludendo il problema, ovvero che in assenza di una nuova sintesi culturale, ciascuno è rimasto quel che era. Tanto che la dialettica nel PD del Trentino non è in fondo tanto diversa da quella che possiamo trovare nella coalizione. Ma ciò nonostante, non meno divaricante. Occorre un nuovo patto fondativo e forse non solo della coalizione.

 

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