"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

03/06/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Prijedor (BiH), 1992

Fine settimana dedicato al Festival dell'Economia. E' bello vedere la città di Trento così viva, attenta e colorata. Il Festival è diventato parte della città, gli vogliamo bene. Ed è per questo che - come ho già avuto modo di dire in questi giorni - il successo di partecipazione non dovrebbe esimerci dall'interrogarci sulla formula fin qui usata nella scelta degli interlocutori e su quel che chiediamo agli autorevoli ospiti del Festival. Se vogliamo che il Festival nelle sue edizioni - come dice Tito Boeri - lasci il segno, è necessario che da Trento escano non solo opinioni ma vere e proprie tesi che ci possano aiutare a stare al mondo, che ci indichino strade da percorrere nelle scelte della sfera pubblica come in quelle private, che possano dare una mano alle comunità locali e ai territori nel vivere il proprio tempo sfuggendo alle mode o all'omologazione, come ho ripetuto in questi giorni per "essere presenti al tempo presente". Avrei qualche idea...

Mi spingo a dire che ne ho piene le tasche dei guru che arrivano a Trento, che non dicono nulla di nuovo o che per far parlare di sé cercano la frase ad effetto. Prendo atto di non essere solo a pensarla così. Spero che se ne possa discutere senza pregiudizio per le prossime edizioni. Credo che il Trentino ne potrebbe beneficiare nella capacità del suo Festival di immaginare scenari, forse farebbe risparmiare un po' di denaro e magari anche qualche brutta figura.

Arriva la sentenza di appello sulla tragedia di Casale Monferrato, ancora più severa di quella di primo grado contro i proprietari svizzeri della multinazionale Eternit responsabile della morte di migliaia di lavoratori e cittadini. Una sentenza che rischia però di essere solo simbolica perché costoro non andranno né in galera, né probabilmente risarciranno nulla perché i loro forzieri sono al sicuro in qualche paradiso fiscale. E, ciò nonostante, si tratta di una sentenza storica. Eppure c'è qualche commentatore, come ad esempio quel losco figuro di Edward Luttwak, che ha il coraggio di affermare che "... a colpi di sentenze si criminalizzano attività economiche e incidenti che altrove sono soggetti alla giustizia civile. Pensi al caso Thyssen Krupp o alla vicenda Eternit". Andrebbe considerato persona indesiderata in questo paese. La sentenza è importante anche per rafforzare l'attenzione nei confronti di questa pesantissima eredità e, per quel che mi riguarda, nell'intraprendere nei prossimi mesi una vera e propeia campagna per "un Trentino free amianto".

Mi vedo con Maurizio Camin, da qualche mese coordinatore dell'"Associazione Trenino con i Balcani", per parlare delle attività in corso e del programma di iniziative previste a Trento a fine giugno a conclusione del programma Seenet 2 sullo sviluppo locale nei Balcani. Per introdurre la nostra conversazione parlo però di quel che è avvenuto a Prijedor lo scorso 31 maggio quando si è svolta nella cittadina bosniaca una manifestazione che aveva per titolo "Jer se mene tiče", "Perché mi riguarda". Nella primavera del 1992, dopo mezzo secolo dalla fine della seconda guerra mondiale, ricomparve in  quella città lo spettro dei campi di concentramento. I cittadini non serbi obbligati a segnare le proprie case con uno straccio bianco e a portare al braccio una fascia dello stesso colore. In quei campi vennero rinchiusi 31.000 civili, 3.173 uccisi e 53.000 persone furono vittime di persecuzione e deportazione.

"Ventuno anni dopo, alle vittime di Prijedor non è ancora riconosciuto il diritto alla memoria. I loro diritti riguardano tutti noi", è la scritta che campeggia nel video-messaggio di Miroslav Živanović, come di molti altri giovani che hanno aderito all'iniziativa "Jer se mene tiče". Su questa tragedia abbiamo lavorato per anni a Prijedor, in una delle rare esperienze di elaborazione del conflitto che quel paese abbia conosciuto. Un lavoro difficile, doloroso, duro... che oggi nei fatti è stato lasciato cadere per effetto del prevalere di un'idea di cooperazione incentrata sulla "banalità del bene".

Ho speso un pezzo della mia vita per cercare strade diverse dalla logica degli aiuti e devo ringraziare tutti gli amici e le amiche di Prijedor con i quali abbiamo lavorato per far nascere un'altra idea di cooperazione internazionale, mettendosi in gioco e mettendo in gioco il proprio stesso dolore. Ora non posso nascondere la rabbia per non aver saputo continuare quello straordinario lavoro che aveva al centro l'impegno per elaborare quel che era accaduto in quel paese e in quella città. Maurizio condivide questo mio rammarico e così proviamo insieme a capire come ritessere quel filo rosso andato spezzandosi.

A sera faccio un salto all'assemblea del PD del Trentino a Piedicastello. Come consigliere provinciale sono solo invitato senza diritto di voto e anche per questo ho cercato di interpretare questa opportunità senza alcuna invasività, partecipandovi solo nei momenti più significativi e astenendomi dall'intervenire. La sala è piena, come nelle grandi occasioni. Questa sera Alessandro Olivi viene indicato unanimemente dall'assemblea come candidato del PD del Trentino alla presidenza della PAT e, con un breve intervento, illustra la sua idea di Trentino e la volontà di rappresentare in maniera unitaria tutte le sensibilità che si sono espresse in questi mesi nel partito. Non inganni il voto unitario, le posizioni distanti rimangono tali. Ma il voto unitario è importante e il 30 giugno Alessandro sarà l'unico candidato del PD del Trentino alle primarie della coalizione. Rivendica continuità con il governo di questi anni ma anche la necessità di cambiare l'approccio verso un contesto profondamente cambiato. E su questo ci sarà molto da lavorare.

 

 

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