"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

21/06/2013 -
Il diario di Michele Nardelli
Un cafè de la paix

Venerdì è una giornata di normale amministrazione. Al mattino sostituisco Andrea Rudari in seconda Commissione Legislativa, poi un incontro con Michele Gubert ed Enrico Turra per fare il punto sull'impegno assunto in sede di legge finanziaria 2013 per il riutilizzo dei PFU (pneumatici fuori uso), di seguito lavoro in ufficio su varie cose, alle 17.30 devo tenere un momento formativo sull'Europa per i ragazzi che parteciperanno ad un viaggio di studio e conoscenza in Bosnia Erzegovina e, da ultimo, mi vedo con Antonio Colangelo al Cafè de la Paix.

Questa sera al Cafè finalmente si respira perché dopo una lunga attesa sono stati attivati i condizionatori. Ma si respira non solo perché il caldo non è soffocante. Ho la sensazione che la questione Cafè de la Paix, questo progetto che ho coltivato per anni e che finalmente - grazie al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani e grazie alla maestria di Cafè Culture - si è realizzato, aprendo nel centro città non un bar ma uno spazio europeo e mediterraneo che in pochi mesi è diventato un punto di riferimento per migliaia di persone.

Non solo uno spazio per i temi cari al Forum, ma uno spazio per la città. Vedo attraversare Passaggio Teatro Osele da molte persone con i vestiti medievali delle Feste Vigiliane e parecchi di loro fermarsi per mettere una firma a sostegno del Cafè. Perché la cosa bella e importante del Café de la Paix è quella di aver rotto lo stereotipo del locale frequentato da un particolare target di persone secondo i canoni classici della movida. Ma questo spazio con la movida non c'entra nulla.

Ne parlo con Jacopo e Antonio e dico loro che proprio per questo le restrizioni sulla notte bianca andrebbero considerate come una sorta di provocazione positiva, perché la notte bianca è davvero lontana anni luce da una proposta che si ponga l'obiettivo di rendere viva la città nelle ore serali. La città di Trento è viva non perché i negozi che vendono tutti le stesse cose sono aperti fino alle due di notte, ma se la sua proposta culturale è adeguata, se gli spazi non diventano insopportabili luoghi di consumo di spritz, se la città sa dare voce alle sue molteplici e belle esperienze in vari campi.

Può sembrare paradossale ma credo che l'ottusità di certi burocrati abbia involontariamente contribuito ad allargare un confronto che già si era aperto (penso al "Fiume che non c'è" ad esempio) ma che era relegato ad istanza particolare e di piccoli gruppi di persone. Credo altresì che Trento (il Trentino, in realtà), con i suoi festival, con i suoi musei (a fine luglio è la volta dell'inaugurazione del Muse, non perdetela), con le sue gallerie... con i suoi nuovi locali (Café de la Paix, Bookique, Baricentro...), con le sue associazioni esprima una straordinaria potenzialità che spesso non viene valorizzata a dovere.

Non è un problema solo di Trento. Inchiodarsi in casa davanti alla televisione fa male. Al contrario, coltivare le amicizie, andare al cinema o a teatro, assistere alla presentazione di un libro, partecipare ad un incontro pubblico, fare semplicemente una passeggiata, mettere insomma il naso fuori di casa è una forma di cura della nostra salute mentale. E' questo, del resto, uno dei significati della legge (di cui ero primo firmatario) che abbiamo approvato mercoledì scorso in Consiglio Provinciale sull'apprendimento permanente ed in particolare sulla sua dimensione informale, a sostegno di tutte le forme spontanee di accrescimento culturale.


Una legge, un luogo. E' il senso che vorrei dare alla buona politica.

 

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