"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

20/02/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Brera, Milano
Era tanto che non mi capitava di passeggiare a tarda sera per le strade di Milano. Corso Garibaldi, Brera, Broletto... nomi che mi parlano di una Milano che non c'è più se non nel mio immaginario. La Milano che ho conosciuto nelle canzoni di Enzo Jannacci, dei Gufi e di Giorgio Gaber. E poi, qualche anno più tardi, la capitale operaia di un nord non ancora preda dell'egoismo sociale, quando questa città rappresentava un importante laboratorio politico per tutto il paese.

Girare ora per queste vie, fra locali fashion e grandi firme, sembra siano passati anni luce. Da quando Sergio Endrigo cantava "Se passate da via Broletto, al numero 34, toglietevi il cappello e parlate sottovoce, al primo piano dorme l'amor mio. È tanto bella la bimba mia e giura sempre di amarmi tanto, ma quando io la bacio, lei ride e parla d'altro, o mangia noccioline..." era il 1962, e in effetti sono passati cinquant'anni.

La classe operaia è andata in paradiso, quella che ancora c'è esprime soprattutto rancore. Del "Piccolo Teatro" e di Giorgio Strehler non è rimasto granché, ma ancor meno dei bar popolari e del gioco della pelota che proprio in un locale qui vicino, in zona Garibaldi, richiamava ogni sera centinaia di tifosi e scommettitori. Con Massimo ed Emilio ci venivamo  negli anni '80 ed era come immergersi - già allora - in un tempo in via di estinzione.

Quegli anni lasciarono in eredità un ventennio di delirio berlusconiano che solo nel 2011 questa città ha saputo mettersi con fatica alle spalle con l'elezione di Pisapia a sindaco di Milano. Anche se, a guardarsi attorno in questa sera d'inverno, è difficile capire in quale direzione.  Considerazioni che scambio con l'amico Rino mentre ceniamo alla "Latteria" di via Solferino, la strada del vecchio "Corrierone".

Sono qui a Milano per due cose. Una visita specialistica al mio ginocchio e un incontro al Liceo Vittorio Veneto dove parlerò di Europa e di Balcani con gli studenti che si accingono ad un viaggio oltre la vecchia cortina di ferro. Ed anche con i loro genitori che probabilmente hanno bisogno di rassicurazione, immaginando che il viaggio in questa parte inquieta del vecchio continente possa riservare chissà quali incognite.

Un medico che in pochi minuti mi dice molto di più di quel che mi ero sentito dire in sei mesi, rassicurandomi che non c'è alcun intervento da fare ma solo modificare un po' le mie abitudini di vita. E un gruppo di ragazzi che incontrerò stamane e ai quali proporre un immaginario inconsueto per dare significato ad un viaggio vero, che in qualche modo potrebbe fargli guardare la vita con occhi diversi. Andranno a Sarajevo, Mostar, Srebrenica, Prijedor... città che per loro sono solo dei punti su una carta geografica e che forse al loro ritorno potranno diventare una chiave diversa per leggere la realtà.

Via Broletto 34 continuava così...

"...Troppe volte mi lascia solo
E torna quando le pare
E poi mi guarda appena, non dice dov'è andata
Tante volte penso di lasciarla
Io vorrei ma non posso andare
È la mia croce, la mia miseria
Ma è tutta la mia vita
Per me è tutto il mondo
È tutto quel che ho

Se passate da via Broletto
Al numero 34
Potete anche gridare, fare quello che vi pare
L'amore mio non si sveglierà
Ora dorme e sul suo bel viso
C'è l'ombra di un sorriso
Ma proprio sotto il cuore
C'è un forellino rosso
Rosso come un fiore

Sono stato io
Mi perdoni Iddio
Ma sono un gentiluomo
E a nessuno dirò il perché
A nessuno dirò il perché".

 

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