"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

02/03/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Gente di Val di Susa
Il  Convegno internazionale che si svolge alla Facoltà di Economia dell'Università di Trento è stato preparato con cura, attraverso un programma di interviste che ha coinvolto decine di associazioni impegnate nei processi di ricostruzione della pace e nella cooperazione internazionale.

A margine del convegno, la direttrice di OBC Luisa Chiodi mi fa osservare che - leggendole - l'impronta che ne esce è quella che in questi anni si è cercato di dare con la cooperazione di comunità e le pratiche dei Tavoli, con la Carta di Trento per un'altra cooperazione, con il libro "Darsi il tempo".  Provo ad obiettare che nel senso comune non è così, che non è così nelle centinaia di piccole realtà che sul territorio ancora hanno come proprio orizzonte l'aiuto allo sviluppo o addirittura l'aiuto e basta.

Ma Luisa non mi dà tregua e mi dice che dobbiamo farci valere di più per i risultati che si sono ottenuti in questi anni. Pensa, giustamente, al valore internazionale di Osservatorio Balcani Caucaso, uno dei più importanti strumenti di promozione del Trentino nel mondo. Ma anche al dibattito che si svolge in queste ore, alle centinaia di giovani che ne sono coinvolti, alle realtà della cooperazione internazionale che qui più che altrove continuano ad intessere straordinarie relazioni senza far rumore, ai luoghi formativi che diventano punto di riferimento per l'intero paese.

Nel pomeriggio di venerdì, il convegno è dedicato ad una tavola rotonda dal titolo "Il ruolo delle comunità locali nella ricostruzione di spazi pubblici", nella quale le conclusioni delle sessioni di lavoro si confrontano con tre ospiti, Filippo Andreatta, Massimo De Marchi e il sottoscritto. Scuole di pensiero diverse, anche se con Massimo c'è un rapporto che prosegue da tempo ed una comune visione sulle cose del mondo. Con Filippo è invece la prima volta che c'incontriamo. Ha ricevuto da poco un incarico sui temi della pace e della guerra nell'ambito della Fondazione Bruno Kessler e vorrei che questa nuova risorsa sapesse sintonizzarsi con le realtà che in Trentino già operano su questi terreni.

Nel mio intervento parlo del ruolo dell'autonomia come terreno attorno al quale costruire relazioni internazionali e ne approfitto per lanciare una proposta, quella di fare del Trentino un laboratorio permanente per la risoluzione dei conflitti nazionali e territoriali attraverso l'autogoverno come paradigma post nazionale, mettendo in rete - come è stato per la Carta sull'autonomia del Tibet - i luoghi della ricerca di questa terra impegnati sul piano internazionale, dall'Università al Centro di formazione alla solidarietà internazionale, dal Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani all'Osservatorio Balcani Caucaso... Ne avevamo parlato qualche giorno fa con l'ambasciatore del Marocco e con il presidente Dellai, a partire dalla semplice considerazione che quello trentino è in sé un piccolo laboratorio sull'autonomia, guardato con attenzione da molti e in latitudini diverse.

Per l'occasione sono a Trento diversi amici con i quali ho condiviso in questi anni pensieri ed esperienze sui temi della cooperazione internazionale: oltre a Mauro Cereghini, amico e compagno di viaggio di tanti tragitti balcanici (del gruppo di lavoro che ha dato vita alla due giorni), incontro Giorgio Andrian, che ha lavorato all'Unesco di Venezia e che da qualche anno si è trasferito a Belgrado; Matteo Apuzzo, del centro Maritain di Trieste e animatore del corso di studi internazionali di Portogruaro; Francesco Strazzari, dell'Università S.Anna di Pisa e attento osservatore dell'economia criminale; Jens Woelk, dell'Università di Trento e studioso sui temi dell'autogoverno; Jenni Capuano che del CFSI di Trento è la giovane e preparata direttrice. Una piccola comunità di pensiero, ma di grande valore.

Mentre con Francesco Strazzari andiamo a prendere un bicchiere di vino in piazza Duomo, scorgo il gazebo allestito in solidarietà con la lotta della Val di Susa contro l'Alta Velocità. Vorrei trovare il modo per aprire un dialogo con questi giovani attivisti e vorrei che questo lo sapesse fre la politica sul piano nazionale. Devo dire che ho apprezzato l'altra sera la presenza del segretario Pierluigi Bersani all'agorà di Michele Santoro dedicato alla TAV, del suo cercare un filo di dialogo pur sapendo che avrebbe avuto interno a sé una maggioranza di persone ostili. Dalle sue parole non emergeva ancora un ripensamento, ma almeno se ne parlava senza che lo schierarsi pro o contro diventasse questione di vita o di morte. Emergeva nella sue parole la seria preoccupazione - visto il carattere simbolico che ha assunto questa battaglia - di non lasciare migliaia di giovani alla deriva dell'estremismo. L'opposto dell'atteggiamento spocchioso del sindaco di Torino Piero Fassino, ma anche di quanti hanno fatto della lotta contro l'alta velocità la madre di tutte le battaglie, la nuova frontiera dell'antagonismo.

Non sarà facile. Ma credo che una fase di ripensamento sia davvero necessaria. Che non riguarda solo la TAV, ma l'interrogarsi sul dove vogliamo andare, sulla crisi come opportunità di rivedere i nostri modelli di sviluppo e con essi l'insensatezza e l'insostenibilità di filiere lunghissime che inquinano e devastano la terra, i mari e i cieli. Procedere a testa bassa, solo perché una cosa è stata decisa nel rispetto delle regole, non ha davvero senso.

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Michele Nardelli il 06 marzo 2012 10:28
    Gentile Nicola, io credo che ogni scelta possa essere riconsiderata alla luce di un quadro cambiato, di condizioni economiche diverse, del mutare delle sensibilità. Non è forse avvenuto per il ponte sullo stretto? Eppure anche lì erano in gioco lo sviluppo e tante altre parole ormai vuote. Se la politica avesse un po' più di visione del futuro, il principio di prudenza sarebbe certamente maggiore.
  2. inviato da nicola p. il 05 marzo 2012 07:51
    "Procedere a testa bassa, solo perché una cosa è stata decisa nel rispetto delle regole, non ha davvero senso." Consigliere, chi deciderà, in futuro, quali decisioni assunte nel rispetto delle regole democratiche hanno senso e quali no?
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