"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

07/03/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
autonomia
Sabato prossimo 10 marzo si svolgerà l'annunciata manifestazione in difesa dell'autonomia trentina. La proposta non mi convince nel merito e nel metodo, perché l'autonomia non la si difende arroccandosi in difesa ma immaginando una nuova stagione in chiave europea, perché se c'è un nemico dell'autonomia dovremmo in primo luogo guardarci dentro, ed infine perché se davvero  pensiamo che la nostra autonomia sia in pericolo la risposta dovrebbe coinvolgere la comunità trentina tutta.

Ciò nonostante sabato pomeriggio ci sarò anch'io. Ci sarò con l'intenzione di costruire ponti e dialogo, per dire che l'autonomia è un bene del Trentino e non solo di una sua parte, per affermare l'autonomia come chiave per abitare un tempo sempre più interdipendente, come tratto decisivo di un progetto insieme territoriale e sovranazionale, che richiede capacità di autogoverno, assunzione di responsabilità, relazioni che ci aiutino a dare profondità al nostro sguardo.

Rivendicando, per quel che può servire, una continuità di impegno sui temi del federalismo attraverso una sperimentazione politica individuale e collettiva che prosegue ininterrottamente dagli anni '70 quando di federalismo nessuno parlava, specie a sinistra. Iniziammo allora un tragitto che faceva proprio quel "pensiero di mezzo" che aveva caratterizzato l'eresia democratica di "Giustizia e Libertà", riprendendo il pensiero di Silvio Trentin che in "Liberare e federare"  definiva il federalismo come "l'ordine delle autonomie".

Proprio oggi viene presentato il quadro degli interventi e fra questi vedo persone con le quali ho recentemente condiviso percorsi culturali attorno ai temi della pace, della memoria e della costruzione dell'Europa e quindi, anche a prescindere da paternità più o meno dichiarate, credo che valga la pena di esserci.

Questa cosa non è per niente estranea alla necessità di scrivere un nuovo capitolo nella sperimentazione politica originale in questa nostra terra. Come sapete, il presidente della Provincia Autonoma di Trento Lorenzo Dellai ha rilanciato nei giorni scorsi dal palco del congresso dell'UPT la proposta di un partito territoriale. Butto giù qualche riga. Da tempo vado affermando che la sperimentazione politica - che ha contribuito insieme ad altri fattori la non omologazione del Trentino al nord est - non dev'essere affatto considerata conclusa. E poi perché non sono d'accordo con chi nei giorni scorsi ha risposto a Dellai dicendo che il PD sarebbe già un partito territoriale.

Quel che intendo dire è che per costruire un partito occorre avere ragioni di fondo che prescindono dalle scadenze elettorali. Che ci vuole il tempo giusto, percorsi di fluidificazione dei pensieri, visioni che diano spessore all'agire politico, reti territoriali ed europee che prefigurino forme della politica largamente inedite. Che alle elezioni del novembre 2013 è bene dunque andarci con l'attuale coalizione, ma che per costruire un soggetto nuovo è necessario muoversi fin d'ora, certo, ma senza l'assillo del voto.

Ricordo di averne parlato con Dellai già due anni fa, prima che prendesse lucciole per lanterne nell'immaginare che l'API di Rutelli potesse essere un veicolo per un nuovo soggetto territoriale. Gli proposi allora di avviare un lavoro di ricognizione nelle regioni italiane, per fare emergere quel che oggi nei territori non trova affatto rappresentazione politica, per cercare nelle Università e nei luoghi di eccellenza quei pensieri che si collocano su questa lunghezza d'onda, per dar ossigeno a nuove soggettività territoriali in rete fra loro. Mi rispose che sarebbe stato d'accordo ma che non c'era il tempo. Sembrava che grazie alla rottura di Fini con Berlusconi si sarebbe andati rapidamente alle elezioni politiche anticipate, ma anche questa previsione risultò largamente infondata.

Oggi dovremmo evitare di ripetere lo stesso errore sul piano provinciale. Il lavoro che va fatto impone tempi diversi da quelli imposti dalle scadenze. Occorre seminare, con pazienza. Lavorare sulla formazione. Elaborare il passato prossimo (il tempo della mia generazione) per consegnarlo in altre mani. Aiutarci ad allargare lo sguardo. Dare voce alle esperienze di qualità di cui pure la nostra terra è ricca.

Non è solo un problema della politica. Di questo sguardo largo avvertiamo il bisogno anche nella società civile. Anche se spesso - presi da un fare privo di pensiero e da una diffusa autoreferenzialità - non se ne ha piena consapevolezza. Ne parliamo negli incontri del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani dove presentiamo le attività connesse al percorso annuale che quest'anno sarà dedicato ad un tema cruciale: "Nel limite. La misura del futuro".  Almeno qui, fra le persone che ne parlano, questa consapevolezza c'è. Ma è l'emergenza la cifra del tempo.

 

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