"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

09/03/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
Campidano (Sardegna), bacino inquinato da cianuro e mercurio
La piccola sala della comunità sarda di Trento in piazzetta San Marco è piena di gente. L'occasione di incontro è data dalla presentazione di "Lo sa il vento" (Verdenero edizioni), un libro-inchiesta che descrive i disastri ambientali dovuti all'industrializzazione e alle servitù militari della Sardegna che stanno avvelenando uno dei luoghi più belli del pianeta.

Per l'occasione in sala c'è uno degli autori, Carlo Porcedda, giovane giornalista che alla sua terra vuole bene e che per questo ha deciso di denunciare una situazione intollerabile di cui si parla poco, raccogliendo testimonianze e immagini, scavando nelle responsabilità e provando a rompere quel velo di omertà che il ricatto e l'ignoranza hanno steso su vicende che gridano vendetta al cielo.

Prima delle parole ci propone un video, immagini spesso inedite perché  catturate in aree di non libero accesso. Sono siti militari, poligoni dove si sperimentano sistemi d'arma all'uranio impoverito, servitù militari sotto il controllo della Nato che nessuna istituzione italiana ha mai autorizzato e coperte dal segreto militare, com'era la base della Maddalena prima che venisse chiusa dall'ultimo governo Prodi. Sono aree industriali diventate enormi discariche di veleni. Sono miniere a cielo aperto dove si spianavano colline alla ricerca dell'oro, una favola durata poco più di tre anni ma che ha lasciato sul campo dopo il fallimento una pesante eredità fatta di bacini e fanghi, scarti della lavorazione a base di cianuro, mercurio e piombo. Veleni che entrano drammaticamente nella vita delle persone attraverso svariate patologie cancerogene.

Le persone in sala guardano le immagini della loro terra devastata con un misto di tristezza e di rabbia. Verso questi mascalzoni che in nome del profitto non hanno esitato a fare di una delle regioni più belle del Mediterraneo una discarica. Verso le autorità militari che qui sperimentano i loro ordigni di morte, verso i governi italiani che questo scempio hanno autorizzato o subito senza dire nulla, verso le autorità regionali che tutto questo hanno avallato e coperto e, infine, verso le comunità locali che in nome di un po' di lavoro hanno accettato di barattare la salute e il futuro della propria gente. Purtroppo di queste cose non se ne deve parlare al passato. Il silenzio non è di ieri. E' il presente.

Lo si scorge anche nelle parole di Carlo Porcedda, la rabbia verso la politica ma anche verso la sua gente che abbassa la testa e tace. Parla della Sardegna che oggi fatica a trovare la propria strada. Perché la Sardegna è in ginocchio. Lo sono i pastori che non vendono il proprio latte, i contadini che non prendono niente dell'uva che producono, gli operai dei poli industriali che rimangono senza lavoro. Anche il turismo è in crisi, dopo aver drogato l'economia locale con la speculazione edilizia e cementificato chilometri e chilometri di costa. Villaggi turistici che con il territorio e la sua identità non avevano nulla a che fare.

Eppure la ricchezza di questa terra è straordinaria. I sapori del pecorino, del cannonau, del mirto... sono unici. La bellezza della natura ti mozza il fiato. Il carattere di questa gente, che esprime la storia dolce e amara della propria terra, ti avvolge. Qui sono nati pensieri fervidi come quelli di Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Grazia Deledda. La Sardegna è pure una delle patrie del federalismo, ma pure l'azionismo politico che qui aveva radici profonde si è andato smarrendo. E anche il tentativo di riscatto che l'amministrazione Soru aveva lasciato intravedere è finito miseramente.

Amo questa terra e questa gente. Come i lettori di questo blog sanno, credo molto nella costruzione di relazioni fra i territori e proprio mentre lavoriamo in Trentino per rilanciare la nostra autonomia come modo per abitare questo tempo globale, vorrei che fra le nostre comunità si gettassero i ponti di una sussidiarietà orizzontale fatta di conoscenza e di scambio.

Anche qui in Trentino, sia chiaro, abbiamo molto da lavorare. La nostra autonomia, che pure non è nemmeno paragonabile a quella della altre regioni italiane a statuto speciale, ha bisogno di un serio lavoro di manutenzione. Che è l'esatto opposto della retorica autonomista portata in piazza o esibita nelle sfilate degli Schutzen, che si nutre invece di intelligenza nella sperimentazione delle nostre prerogative statutarie, di motivazione delle persone nel loro lavoro, di responsabilità, di conoscenza. Ne scrivo nel commento che il "Corriere del Trentino" pubblica sabato 10 marzo e che potete leggere nella home page.

Conoscenza è anche la parola chiave di un altro incontro di questi giorni. Quello che abbiamo promosso al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani per parlare di "Millevoci" o, meglio, del nuovo capitolo nella vita di questo centro interculturale che oggi richiede uno scarto di pensiero. E' quello che richiede la politica sull'immigrazione, ma che purtroppo non sa guardare oltre l'emergenza.

 

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