"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Che viene dal clima che avverto intorno a me e poi dal mio modo di interpretare un mandato pubblico che richiede studio, preparazione, riflessione.
Il clima è velenoso. L'amico Armando mi invia un pezzo che ha scritto per un quotidiano locale sui costi della politica e sull'esempio che gli eletti devono dare per essere in qualche modo credibili. Stiamo al telefono per un'ora e anche da questa nostra conversazione colgo quanto sia difficile trovare l'antidoto per questo veleno.
Convengo con Armando che un ulteriore segnale significativo la politica provinciale lo deve dare (oltre ai vitalizi che nessuno in Italia ha ancora toccato e alla sterilizzazione degli stipendi che nel corso di questa legislatura ha portato ad un taglio intorno ai 1.700 euro), anche se non credo che questo potrà servire a cambiare il vento che tira. Che ha radici ben più profonde e che riguardano invece l'involuzione culturale di questi anni che ha incattivito questa nostra società, lasciandola in preda degli istinti peggiori.
Come al solito, si guarda al dito e non alla luna. Quando il contesto culturale cambia non ci sono scorciatoie. Occorre un paziente lavoro di ricostruzione. Invece rincorriamo colpi di teatro, siano essi i referendum plebiscitari dei primi anni '90 che hanno spalancato le porte all'era berlusconiana o il rincorrere i fantasmi che qualcuno agita ad arte affinché ce la prendiamo con il nulla piuttosto che con le cose vere.
Di questi istinti peggiori è espressione anche la qualità (o, meglio, il degrado) della politica. Si eleggono persone perché sono espressione di lobby o di corporazioni sociali, perché si rivendica il nuovo o un voto di genere a prescindere, perché sono sostenuti dai media o perché figli di razza che grazie al loro cognome hanno trovato tutte le strade spianate. E questo non aiuta certo a qualificare la politica, in una spirale tutt'altro che virtuosa.
Gli ostacoli che s'incontrano sulla strada della messa in discussione dei privilegi ci raccontano anche di questo: di una società che non è disposta a rinunciare a niente, pronta alla guerra pur di mantenere il proprio status. E se, di fronte a questa ritrosia, qualcuno decide che comunque ci rinuncia, come ha fatto il sottoscritto trattenendosi uno stipendio di 3.000 euro, viene persino deriso. O si sente dire "questi sono affari tuoi".
La stanchezza viene poi dal modo che ho scelto di interpretare il ruolo elettivo (e più in generale l'impegno politico). Non inseguo il consenso, nessuno mi tira per la giacchetta e quando capita se non sono d'accordo gentilmente li mando al diavolo. Preferisco dire cose sgradevoli o che ci costringono a pensare e a saper vedere il criminale che abita in ciascuno di noi.
Esporsi al pubblico con pensieri e parole, magari sensati, è tutt'altro che scontato. Specie se gli argomenti richiedono studio, riflessione e il misurarsi nella capacità di dire qualcosa che non sia banale. Come riuscire a catturare l'attenzione di cento e passa giovani che decidono di dedicare un po' del loro tempo nel far propria la tragedia di Rachel. Ne ho già parlato in questo blog ma voglio ritornarci. Devo dire che mi ha positivamente stupito l'attenzione con cui hanno ascoltato le parole che forse non avrebbero voluto ascoltare. L'indignazione richiede toni duri, la ricerca di un colpevole, piuttosto che interrogarsi sulla banalità del male. Invece mi seguono anche se ciò è forse più doloroso. Non ci chiede di schierarci o di fare il tifo, ma di guardarci dentro.
O provare a cambiare registro nel modo con cui il mondo della scuola affronta i temi dell'accoglienza, per provare finalmente ad andare oltre: oltre l'emergenza, oltre l'aiuto, oltre l'interculturalità. Oltre le abitudini e oltre il conservatorismo. Indagando il significato di cittadinanza, declinandola con l'uguaglianza, l'innovazione culturale, la conoscenza. Nella sala verde di Palazzo Europa con una cinquantina di insegnanti questo proviamo a fare, per dare sostanza ad un pezzo di carta rappresentato dalla firma del nuovo protocollo per "Millevoci". Che in ogni caso mettiamo nella cesta delle cose realizzate e che, vi assicuro, ha richiesto la necessaria caparbietà.
O provare ad attrezzare la nostra comunità autonoma di strumenti di misurazione della qualità del vivere diversi da quelli tradizionali e che non descrivono se non in maniera distorta la realtà. E' quel che facciamo nel pomeriggio di sabato insieme agli amici di "Sbilanciamoci!" che come Forum abbiamo invitato a Trento per illustrare il 9° rapporto Quars sulla qualità dello sviluppo nelle Regioni italiane. E mettendo alla prova i numeri con i racconti di sette testimoni di questa nostra terra per ognuno dei grandi parametri utilizzati per disegnare l'Italia della qualità. Ne esce una cosa molto bella, non manichea, che ci permettere di essere soddisfatti per le performance del nostro territorio e al tempo stesso indicare i terreni sui quali migliorare.
Perché è esattamente questo ciò che intendevamo con quel "nel" prima della parola "limite": abitare le contraddizioni, essere al primo posto in Italia per la difesa dell'ambiente e al tempo stesso essere consapevoli delle nostre "Tremalzo". Perche stare nel limite significa mettersi in gioco, cercare di fare meglio con meno, accettare la crisi come una sfida. Un contributo che il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani intende dare alla riqualificazione della politica, della pubblica amministrazione, degli stessi mondi della pace. Per alcuni giornali il giorno dopo il Quars sarà come piovuto dal cielo e la presentazione risultato del nulla. Forse anche per questo, in questa domenica piovosa, mi sento più stanco che mai.
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