"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

06/05/2012 -
Il diario di Michele Nardelli
L\'incontro della Sava con il Danubio
Nei giorni scorsi un centinaio di esponenti della cultura hanno lanciato attraverso i principali quotidiani un appello per il rilancio dell'Europa. Di un'Europa capace di ascoltare i suoi cittadini, un'Europa dal basso e della società civile piuttosto che quella degli Stati e delle Banche. Un'Europa per la quale mettere a disposizione l'impegno volontario di tutti. Un manifesto che va in controtendenza, visto che l'Europa non scalda i cuori degli europei. E che - pur non rappresentando in pieno il mio pensiero - ho deciso di sottoscrivere, convinto come sono che l'Europa rappresenti in sé le ragioni di un programma politico.

Il manifesto appello "L'Europa siamo noi" è uscito nei giorni che precedono un'importante tornata elettorale che deciderà molte cose nel destino dei cittadini europei. Oggi, infatti, 65 milioni di francesi votano per le presidenziali, 11 milioni di greci per il rinnovo del parlamento nazionale, 7 milioni di serbi per le presidenziali, politiche e amministrative, 2 milioni di tedeschi per il rinnovo del parlamento regionale dello Schleswig-Holstein, 9 milioni di italiani per rinnovare quasi mille amministrazioni locali. Infine 3 milioni di armeni (per chi non lo sa l'Armenia è uno dei 47 paesi che compongono il Consiglio d'Europa) sono chiamati a votare per il rinnovo del loro Parlamento.  Qualche giorno fa era toccato al Regno Unito di votare per le elezioni amministrative. E il 9 maggio ci saranno le elezioni regionali in Renania-Nord Westfalia, con i suoi 18 milioni di abitanti il land più popoloso della Germania.

E' interessante come, in ognuna di queste tornate elettorali e a prescindere dal tipo di consultazione, il tema dell'Europa sia stato al centro del confronto politico. Vedremo l'esito ma la sensazione è che questa centralità sia stata più all'insegna di una crescente estraneità verso l'Europa, piuttosto che nel rafforzamento di un comune sentire europeo.

In Francia, per cercare di invertire i sondaggi che lo davano per sconfitto, Sarkozy ha sposato l'antieuropeismo dell'estrema destra. Ma anche il candidato socialista Hollande ha fatto leva sulla "grandeur" per accattivarsi le simpatie di un elettorato tradizionalmente nazionalista. In Serbia, in un paese dove cultura nazionale e religiosa si sovrappongono, lo scontro fra Tadic e Nikolic è esattamente sulla prospettiva europea. Le elezioni politiche in Grecia rappresentano una sorta di referendum sulle misure imposte per rimanere in Europa.

In Italia il clima non è molto diverso. Veniamo da un anno di celebrazioni per il 150° anniversario dell'unità, un'esplosione di retorica nazionale che nelle intenzioni di molta parte della sinistra avrebbe dovuto rappresentare un antidoto alla Lega, come se la risposta al localismo potesse venire dal rafforzamento dei caratteri nazionali. Una sciocchezza vera e propria. E anche oggi, di fronte al mordere della crisi, è proprio l'Europa ad essere nel mirino dell'antipolitica e chi cerca di cavalcarla (dalla Lega Nord a Beppe Grillo) fa leva sull'uscita dall'Euro.

Quello che manca è un approccio politico insieme territoriale e sovranazionale. Ne parlo all'incontro di venerdì sera sul tema della regione alpina promosso da "Cittadinanza Attiva" e mi rendo conto come il cambio di paradigma sia difficile. Tanto di fronte ad un governo centralista che cancella senza problemi una provincia come quella di Belluno, quanto nell'immaginario di una società civile che rincorre la difesa di micro corporazioni. In assenza di una prospettiva europea, il grido di dolore che viene dai nostri cugini bellunesi s'infrange di fronte alla soppressione forzosa delle province (e rivendicata a gran voce dalla furia di questo tempo) e alla possibilità stessa di un'autogoverno improntato al principio di solidarietà e di sussidiarietà.

Una riflessione "glocale" che dovrebbe essere alla base anche del confronto sul sistema delle grandi comunicazioni. Per far incontrare la cultura della prudenza (e del limite) con la necessità di uscire dalla civiltà del petrolio. Abita qui la contraddizione da dipanare attorno alla realizzazione del tunnel del Brennero per l'alta capacità (o velocità), ma non credo che affrontarla in maniera manichea, quasi si trattasse di una questione etica, possa venirci in aiuto. Nelle centinaia di persone che nel pomeriggio di sabato manifestano a Trento contro la TAV (molte di più nello stesso giorno manifestano per l'apertura di nuovi cantieri in risposta all'appello dell'associazione artigiani), il conflitto non sembra trovare via d'uscita, diventando antagonismo.

Così perde la politica. Ecco perché sono sempre più convinto che Autonomia ed Europa rappresentino due sguardi decisivi sul nostro presente e forse anche il modo per ridare significato alla politica. Speriamo che il voto degli europei ci possa dare una mano.

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da stefano fait il 07 maggio 2012 09:24
    Immagino sia il Paolo Hutter giornalista ed ambientalista che collabora con il Fatto Quotidiano
  2. inviato da stefano fait il 07 maggio 2012 09:15
    Riporto il pensiero di un lettore di Repubblica [Paolo Hutter, lettera a Repubblica, 15 dicembre 2011):
    "In tutti i paesi europei c’è un’istituzione geograficamente intermedia tra Regioni e Comuni e persino la Grecia per risparmiare “sui costi della politica” ha ridotto il numero delle Regioni, Province e Comuni tramite accorpamenti ma non si è sognata di abolirle. Le Province soffrono di mancanza di poteri e di altri mali, sono anche diventate un po’ troppe, ma sono mediamente la dimensione geografica ideale per politiche territoriali e ambientali moderne. E, comunque la si pensi in proposito, non si possono abolire né svuotare senza un confronto pacato, razionale ed approfondito, lontano da linciaggi”.
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