"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

20/07/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
botero
Riprende oggi e continuerà per tutta la settimana la sessione del Consiglio provinciale. In discussione la riforma sul commercio presentata dall'assessore Olivi, che raccoglie anche le proposte di legge presentate dal gruppo consiliare del PD del Trentino (distribuzione gas metano per autotrazione) e del Patt (valorizzazione e tutela dei locali storici). La materia è piuttosto complessa e si pone l'obiettivo di mettere un po' d'ordine rispetto al caos esistente. La discussione si fa viva e sono sollecitato ad intervenire.

Il tema che stiamo affrontando non è un passaggio amministrativo di poco rilievo. Dopo gli interventi dei miei compagni di gruppo Civico e Dorigatti, il primo che illustra gli articoli relativi alla distribuzione del metano, il secondo che affronta la partita relativa alle condizioni di lavoro nel settore, propongo all'aula un contributo sul profilo culturale della riforma. Non si può ragionare di commercio a prescindere da come la globalizzazione sta cambiando l'economia e la società, da come il lavoro abbia smesso di essere motivo di identità aprendo la porta ad un mondo di consumatori, in balia della pubblicità che - in assenza di strumenti critici - diventa autismo e compulsione.  Senza dimenticare che la solitudine sociale è forse l'ingrediente principale dello spaesamento. E su come a tutto questo corrisponda la proliferazione di un commercio senza qualità.

Una dimensione culturale che avrei voluto più presente nella riforma proposta, così come mancano le connessioni fra questa proposta di legge e quelle da poco approvate sul'economia solidale e sulle filiere corte. Il nodo di fondo è il seguente: come attrezziamo le nostre comunità, tanto i consumatori quanto gli operatori o i produttori, ad abitare le trasformazioni in atto. Tanto per cominciare, i giovani. Non possiamo nasconderci che una parte consistente degli utenti abituali dei centri commerciali sono giovani e giovanissimi. Il consigliere Casna chiede all'aula se conosciamo quale sia il popolo dei centri commerciali... la mia risposta è che ci vado apposta per comprendere un mondo di cui spesso nemmeno ci accorgiamo e che ho ben presente quali siano i soggetti più vulnerabili sul piano del consumismo. Perché il problema non sono i centri commerciali in quanto tali, ma il consumismo del nostro tempo, l'incapacità di gestire in maniera oculata le proprie risorse, l'immaginario culturale dei bambini e dei ragazzi che passano il week end (con famiglia o senza) in quei luoghi. Anzi, in quei "non-luoghi", perché questo sono i centri commerciali, visto che sono spazi fisici privi di identità, uguali ovunque, in ogni parte del mondo. Nei giorni scorsi a Sofija, gli stessi loghi, le stesse insegne commerciali, gli stessi prodotti...

A questa omologazione "a sottrazione di qualità" è necessario provare a dare qualche risposta, tanto sul piano urbanistico, sul piano del modello economico, affrontando la dimensione finanziaria (riciclaggio) che spesso s'annidano dietro la nascita di mega strutture commerciali, ma soprattutto sul piano culturale. Il che significa educazione e orientamento al consumo, approccio alla sobrietà, riflettere sulla qualità delle nostre esistenze.

Qualcuno nel dibattito afferma che questa legge interviene quando i buoi sono ormai scappati. Affermo nel mio intervento che un po' di vero in questa affermazione c'è. Basta andare nel tratto Fra Arco e Riva, fra Rovereto e Mori, fra Trento e Lavis per comprendere che scelte sbagliate sono state fatte e che richiedono una svolta.  Senza dimenticare che se dobbiamo avere l'onestà intellettuale di riconoscere gli errori compiuti anche dalle giunte (comunali o provinciali) del centrosinistra, dobbiamo anche aver la consapevolezza di quel che c'è in giro, in altre regioni italiane oppure in altri paesi.

E comunque questa riforma un certo riequilibro prova a metterlo in campo. Attraverso un riordino delle competenze, mettendo limiti, definendo obiettivi di qualità, evitando l'insorgere di nuovi mostri, incentivando mercati diretti, filiere corte e mercati tipici, riducendo le giornate e gli orari di apertura dei centri commerciali. Provando infine ad affrontare il tema della mobilità delle merci anche per l'indotto che questo determina e così trovo anche l'occasione per un momento di pensiero verso Karol Baczek, giovane trasportatore polacco vittima della Bolkenstein e di un'idea di sviluppo insostenibile.

Il confronto prosegue e in serata si conclude il dibattito generale. In gioco ci sono visioni generali.

 

2 commenti all'articolo - torna indietro

  1. inviato da Michele il 22 luglio 2010 22:00
    Sì, lo so. Il testo e lo spunto l'ho dato io ai colleghi della SVP, del PD e dei Gruenen. La SVP l'ha presentato al volo ed è andato a buon fine. Ora lo scoglio è Bruxelles dove è ancora ferma la nostra legge. L'Europa si presenta sotto le sue forme peggiori. Speriamo bene.
  2. inviato da mauro cereghini il 22 luglio 2010 20:44
    Ciao Michele, non ho visto la segnalazione sul sito ma immagino ti avranno avvisato i colleghi sudtirolesi che a Bolzano hanno approvato una legge sulle filiere corte che è la fotocopia di quella trentina.
    Complimenti anche per questo, forse varrebbe la pena valorizzare la sintonia regionale sul tema?
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