"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

27/11/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
L\'edificio di Oslobodjenje nell\'immediato dopoguerra
Sarebbe davvero bizzarro che anni di impegno sui temi della gestione nonviolenta dei conflitti non influenzassero il mio approccio verso la politica, non mi avessero educato al "farsi carico" piuttosto che ad accettare le logiche dell'esasperazione dei conflitti.

E' strano. La politica è la dimensione che dovrebbe attenuare il cosiddetto "diritto naturale" del vinca il più forte. Ma, nel far questo, ha assunto i tratti culturali della guerra. Le forme dell'agire politico, il linguaggio della politica, le modalità decisionali e lo spazio dell'azione politica hanno da tempo introiettato le categorie della guerra: del resto Lenin teorizzava la forma partito come "organizzazione di combattimento" e prima di lui Von Clausewitz indicava la politica come "la guerra con altri mezzi". E se c'è stato un tempo nel quale la critica della politica ha provato a porre il tema del "depotenziamento" della politica indicando la strada di una sua dimensione orizzontale nella quale fini e mezzi divenissero la stessa cosa, oggi la politica è quanto mai verticale con l'aggravante che viene esercitata non da un corpo collettivo ma da un capo e da un'accentuata personalizzazione. Esercizio della forza, aggressività, furbizia, calcolo... non sono estranei a tutto questo.

Viene da qui una parte del mio disagio. Poco lo spazio per la mitezza, per il confronto delle idee, per la ricerca di soluzioni condivise, per la trasformazione dei conflitti affinché non si ripresentino sempre uguali a se stessi.

Ho cercato in questi primi due anni di mandato istituzionale di assumere un profilo orientato alla ricerca del dialogo, ma anche per questo ho l'impressione di essere fuori dalla realtà, a cominciare da quella che descrivono i mass media, che invece chiede esasperazione, imboscate, sangue.

Non passa giorno in cui la maggioranza di centrosinistra autonomista non provi a farsi del male, cavalcando le spinte più contraddittorie, cercando l'esasperazione dei toni o semplicemente non ricercando nuove e più avanzate sintesi, quasi fossimo in un consiglio di amministrazione nel quale ciascuno fa pesare a suo modo le proprie quote azionarie, fra i partiti e nei partiti. Anche quando, e accade di rado, il confronto cerca e trova una soluzione condivisa, poi ciascun azionista prova la zampata per segnare un punto, se non altro sul piano della visibilità o anche semplicemente per ripicca.

Cerco di sottrarmi, ma è uno stile che non paga, almeno nell'immediato. Cambio aria, così non mi pesa affatto mettermi in auto ed andare e tornare in poche ore da Trento ad Alessandria, nonostante la neve, per tenere una lezione ad un corso a cui partecipano una quarantina di persone. Sono chiamato a parlare di Europa, di transizione post comunista e nello specifico della Romania del dopo Ceausescu. Per il piacere di incrociare gli sguardi, di portare qualche suggestione nuova, per incoraggiare allo studio e alla buona politica.

Vedo le persone fermarsi anche dopo l'orario di lezione, qualcuno mi ringrazia per le suggestioni proposte e per un punto di vista di cui avvertono l'originalità.

Rientro in tarda serata, nemmeno il tempo di dormirci su che subito sono costretto a rientrare in quella politica che avrei voluto lasciarmi alle spalle. Perché sabato 27 novembre, giorno in cui festeggiamo i dieci anni di Osservatorio Balcani e Caucaso, mi trovo a dover fare i conti con il "fuoco amico". Sì, perché l'assessore provinciale Ugo Rossi nonché segretario del Patt, non trova di meglio che rilasciare un'intervista al "Trentino" in cui di fronte al giornalista che gli chiede se rifarebbe le spese per le divise degli Schützen risponde «Certamente, si tratta di realtà meritorie come anche gli alpini o le associazioni di volontariato che creano aggregazione. Meglio questo che altre voci di spesa che non hanno lasciato niente sul territorio». Tipo?, gli chiede il giornalista. «L'Osservatorio sui Balcani, ad esempio. Andate a vedere che valore aggiunto ha prodotto per il Trentino...».

Non ci posso credere. Non riesco a capire se si tratta di ignoranza, stupidità o che altro. L'assessore Ugo Rossi avrebbe fatto bene ad essere presente sabato pomeriggio a Rovereto, nella gremitissima sala del Consiglio Comunale della città della quercia, ad ascoltare quel che dicevano il sindaco di Rovereto Andrea Miorandi, l'assessore provinciale alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami, il giornalista Rai Ennio Remondino, la giornalista bosniaca Azra Nuhefendić, il sparlamentare Giorgio Tonini della commissione esteri del Senato, il sen. Alberto Robol, reggente della Campana dei Caduti, l'ambasciatore Zlatko Dizdarević, già direttore del quotidiano sarajevese "Oslobodjenje" divenuto negli anni dell'assedio uno dei simboli della resistenza civile di quella città, che usciva ogni giorno a dispetto della distruzione del palazzo dove aveva sede il giornale.

Basterebbe leggere i dati dei lettori, delle visite e dei contatti, delle conferenze, degli articoli apparsi sulla stampa mondiale e delle citazioni, dei riconoscimenti e dei premi relativi al migliore giornalismo... ma tutto questo non è forse pubblicità e ricaduta per il nostro territorio? Bsterebbe parlare del fatto che negli ultimi anni OBC è diventato fonte di attrazione di risorse (europee e italiane) che vanno a contribuire al nostro PIL. Oppure della qualità dell'agire nella cooperazione, visto che quello della conoscenza continuiamo a dirci rappresenta un'investimento di prim'ordine...

Mi ha fatto piacere vedere la presenza di tante persone, del Consiglio di reggenza della Fondazione Opera Campana dei Caduti al gran completo, così come gli esponenti politici ed istituzionali presenti all'incontro, come hanno fatto piacere i messaggi che sono arrivati e mi arrivano anche da parte di consiglieri provinciali, a testimonianza di un ben altro sentire.

Posso dire che Osservatorio Balcani e Caucaso ha rappresentato in questi dieci anni non solo uno straordinario strumento di analisi, ricerca e informazione sull'Europa di mezzo e orientale ma un biglietto da visita ed una forma di promozione del Trentino in Europa e nel mondo che forse non ha pari.

Rimane il rammarico per certa politica tanto chiusa quanto ottusa. Ma anche la soddisfazione che le buone idee talvolta si realizzano.

 

 

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