"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli
Nella sala della biblioteca di Martignano ci troviamo in una quindicina di persone, in un orario che lascia intendere più un momento conviviale che una riunione politica vera e propria. Quel che ne esce è invece un incontro politico a tutto tondo, come forse dovrebbero essere tutte le nostre riunioni, dove peraltro i pasticcini non guastano affatto.
Tanti gli argomenti possibili, allora parto da un fatto di cronaca che durante l'estate mi ha profondamente colpito e di cui ho parlato in questo blog, la morte accidentale di un giovane camionista polacco in un'anonima periferia padana, vittima della solitudine e della Bolkenstein. Vicenda paradigmatica che investe il lavoro, i diritti elementari, le paure verso il futuro.
Nei mesi passati la necessità di uno sguardo sovranazionale ed europeo, è emersa in forme tanto nette quanto drammatiche. Perché nella vicenda Fiat - Pomigliano d'Arco come nella delocalizzazione delle produzioni automobilistiche a Kragujevac, il tema era esattamente questo, come lo è per le lavoratrici della Omsa e delle altre attività produttive che dirottano altrove i propri interessi.
Le risposte al lavoro insidiato dalla crescente deregolazione possono essere quella egoistica ed illusoria dell'innalzamento di mura a tutela delle nostre fortezze oppure quella di darci regole unitarie europee capaci di ridurre il divario nell'attuale sperequazione che caratterizza una stessa attività umana.
Senza dimenticare che l'Europa dalle tante radici culturali (l'Europa delle tante minoranze che si nutre dell'intreccio con il Mediterraneo) rappresenta altresì una risposta anche al tema dello "scontro di civiltà", dal quale si dipanano paure e odi ancestrali verso le altre sponde del mare nostro.
Farsi carico del divario fra inclusione ed esclusione introduce al tema della responsabilità, del concetto di limite, della sobrietà. Il che ci porta a parlare della prossima finanziaria, dei 140 milioni di euro che verranno tagliati (ai 60 milioni di minori disponibilità a cui vanno aggiunti 60 milioni per la nuova competenza universitaria ed altri 20 per quella relativa agli ammortizzatori sociali), del fare meglio con meno, della sobrietà che dovrebbe caratterizzare le scelte della Pat, dell'incongruenza che viene dal dover spendere 6 milioni di euro all'anno per portare la frazione dell'umido in Veneto... del modello di sviluppo e del futuro del Trentino. Siamo in grado di darci questo orizzonte?
E' anche l'occasione per parlare della mancanza di un partito europeo ed insieme territoriale. Indico a questo proposito la necessità di uscire dai paradigmi novecenteschi, dandoci anche come PD del Trentino un orizzonte politico oltre gli schemi della politica nazionale.
Intervengono quasi tutti i presenti, qualcuno quasi stupito che un consigliere provinciale possa proporre un profilo politico quanto meno inconsueto. Monica, Vincenzo, Andrea, Luciano, Romano, Nino, Armando, Elisabetta, Gianni intervengono a raffica, stimolati da una riflessione che pone i nodi senza infingimenti, nella loro complessità. Elisabetta è ancora emozionata dall'aver partecipato alla kermesse proposta dal sindaco di Firenze e fra qualche giorno partirà per il Mozambico: ora trova nel taglio proposto dalla mia introduzione un filo conduttore che mette in contatto lo sguardo locale e quello globale, l'amore per l'Africa e per il suo territorio.
Non fosse altro che per il suo sguardo soddisfatto, valeva davvero la pena essere qui. Perché credo che di questo si debba nutrire la politica, senza togliere nulla al lavoro oscuro che ci tocca fare nelle innumerevoli riunioni e nel lavoro spesso noioso, a volte faticoso, che sta dietro anche alle cose più belle che siamo capaci di mettere in campo.
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