"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

06/11/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
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Sabato di impegni, a dispetto dell'ultimo tepore di una giornata che meriterebbe altre destinazioni. Invece nel pomeriggio siamo all'auditorium del Brione a Rovereto, per un confronto sui temi della privatizzazione dell'acqua. Un tema al quale in questi mesi ho riservato una certa attenzione, non solo per quanto riguarda la Legge Ronchi sottoposta a referendum nazionale ma anche rispetto al fatto che l'acqua fa gola per tante cose, come ad esempio quella di produrre energia perforando le montagne come si voleva fare con l'impianto Monte Baldo - Lago di Garda, stoppato grazie alla mobilitazione di molti ed il nostro impegno in Consiglio Provinciale.

Qui è in discussione il tema della privatizzazione della gestione del servizio idrico, perla all'occhiello del Governo Berlusconi. A ragion del vero, non possiamo nasconderci che a preparare la strada alla privatizzazione ci ha messo lo zampino anche il centrosinistra che, in diverse realtà regionali, ha fatto da apripista nel pensare il mercato come fattore di autoregolazione sociale ed economica.

Oggi se ne pagano le conseguenze, ma più di tutto brucia l'obbligo imposto dalla Legge Ronchi agli enti locali di privatizzare la gestione, garantendo una quota azionaria minima ai privati ma assegnando a costoro la direzione della compagine societaria.

A parlarne quest'oggi un gruppo di persone che in questi mesi hanno dimostrato attenzione al problema: così dal palco intervengono Emilio Molinari, presidente del Contratto mondiale per il Diritto all'acqua (e amico carissimo con il quale abbiamo attraversato tragitti politici comuni);  Gianfranco Poliandri, del Comitato Acqua bene comune in Trentino; Geremia Gios, docente e sindaco di Vallarsa; e il sottoscritto, quale espressione della maggioranza provinciale.

Mi sento sotto tiro... nell'approccio di molti dei presenti io rappresento la politica, quella cosa che difende interessi più o meno occulti, quello che dice di essere per l'acqua come bene comune ma che poi avvalla le scelte del potere che anche qui in Trentino è per la privatizzazione, oltre che per l'inceneritore, la Tav, la scuola privata...

Conosco bene questo approccio, che ritroviamo qui come altrove e che divide il mondo in bianco e nero, in buoni e cattivi, amici e nemici... e del quale si nutre l'antipolitica. Ma non mi tiro indietro e, del resto, sapevo che sarebbe stato così sin da quando mi è stato rivolto l'invito a relazionare sugli orientamenti della Provincia.

Devo dire che questa volta sono in buona compagnia. Emilio Molinari, a partire dall'analisi di quel che ha messo in moto l'iniziativa referendaria (mai erano state raccolte così tante firme per una proposta abrogativa) pone esattamente il problema di come costruire le alleanze più ampie per vincere questa battaglia e disarticolare gli schieramenti. In gioco non c'è solo una legge da abrogare, ma il diritto alla vita e gli elementi naturali che la compongono, l'acqua appunto, la terra. Ma dopo aver ascoltato l'intervento di Poliandri si sente in dovere di dire quel che pensa, e cioè che se vogliamo impedire il processo di privatizzazione in corso dobbiamo saperci muovere nelle contraddizioni che la questione dell'acqua ha aperto e apre ovunque. E pone dunque il tema della politica riprendendo le mie proposte.

Nel mio intervento, sono partito proprio dal tema più generale che la privatizzazione dell'acqua ha evidenziato: ovvero la finanziarizzazione dell'economia. Perché oggi, di fronte al carattere limitato delle risorse, questi beni diventano preziosi non solo per il loro possesso ma per giocarci in quell'enorme casinò che è diventata l'economia mondiale. Nel mondo è iniziato il lavoro di accaparramento della terra, al pari dell'acqua, come spazio vitale a discapito delle popolazioni locali, come ambito speculativo (al pari del mattone), ma anche come luogo di sversamento di veleni o di rifiuti o più semplicemente come modalità di riciclaggio del denaro. L'attenzione verso l'acqua non è dunque la rincorsa ad una cattiva legge, ma la posta in gioco fra inclusione ed esclusione.

In questo orizzonte due sono le strade da seguire, anzi tre. La prima è il referendum. Se nel 2011 non ci saranno le elezioni politiche anticipate si voterà sui tre referendum abrogativi della legge Ronchi. Dopo tanti referendum andati a vuoto per il non raggiungimento del numero legale, questa è una battaglia che si può e si deve vincere. Lo dico anche per il PD che su questa questione ha titubato fin troppo. La seconda è l'utilizzo delle prerogative della nostra autonomia. Visto che gli articoli 8 e 9 dello statuto indicano nella gestione del servizio idrico una nostra competenza primaria, è utile legiferare per evitare che quel che accade in Italia qui non avvenga. E' quel che viene fatto con il DDL Grisenti inserito nella Legge Finanziaria 2011 ma che si ferma ai 193 Comuni che hanno la gestione in economia o in house del servizio idrico, ai quali viene data la facoltà di continuare nella gestione diretta come hanno fatto finora. Mancano però all'appello gli altri 24 Comuni, diciassette dei quali hanno affidato il servizio a Dolomiti Energia, altri sette a società diverse. La proposta di legge va dunque emendata, se non altro per ottenere una moratoria di un anno affinché questi Comuni possano attrezzarsi diversamente, nella direzione dello scorporo da DE del comparto acqua. E' una strada sulla quale stiamo discutendo con la Provincia e i Comuni di Trento e di Rovereto, a ragion del vero fra ritardi e titubanze. Ma l'impegno che mi assumo a nome del PD del Trentino va esattamente verso la creazione di una nuova società di servizi che riporti al pubblico quel che è oggi in capo ad un'azienda privata (qual è Dolomiti Energia), seppure controllata al 61% dal Comune di Trento, dal Comune di Rovereto e da Tecnofin. La terza di strada è quella culturale, del fare meglio con meno che fra le altre cose significa anche sobrietà, farsi carico, responsabilità. Un impegno non da poco, apprezzato dalla sala che accoglie con un applauso il mio intervento.

Interessante l'intervento di Geremia Gios che da studioso delle proprietà collettive, di fronte al bene acqua sezionato nelle sue diverse dimensioni, private (uso economico), pubbliche (servizio idrico) e intermedie (bene collettivo), prova a scegliere quest'ultima con una proposta sulla quale si sta movendo, ovvero l'affidare la gestione ad una fondazione di proprietà di tutti i censiti. Idea niente affatto peregrina, che però comunque richiede una normativa provinciale che aggiri l'ostacolo della legislazione nazionale e di avere una struttura di riferimento per i servizi (oggi svolti quasi sempre da DE) e per gli interventi strutturali (i finanziamenti PAT).

La serata potrebbe finire così, ma nella logica del "tanto peggio, tanto meglio" e della ricerca del camaleonte da smascherare, l'obiettivo è di fare chiarezza. E quel che è un impegno (seppure a metà) come quello della PAT diventa un imbroglio. Così gran parte delle persone pensano bene di andarsene. E fra i relatori che se ne vanno mi ritrovo a dover sostenere da solo un contraddittorio con Poliandri, del quale avrei fatto volentieri a meno. Non mi sottraggo e siccome non amo lisciare il pelo a nessuno, provo anche a dire che se si vuole vincere questa partita bisogna lasciare fuori dalla porta quest'impronta ideologica e un po' religiosa.

Ciò nonostante una serata utile e di questo ringrazio gli organizzatori, Andrea e Roberto del comitato roveretano. A loro affido il consiglio che ho rivolto alla sala: l'acqua è troppo importante per lasciarla diventare una disputa ideologica e settaria.
 

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