"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

06/12/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
Chaplin, Luci della ribalta (1952)
L'inizio della settimana avviene all'insegna della neve (ormai quasi mezzo metro) che avvolge nel suo silenzio casa nostra e per la gioia di Nina che ritrova l'habitat naturale delle montagne da cui viene. Ciò nonostante sono di cattivo umore. Non mi piace come vanno le cose nella nostra maggioranza e nel PD, sono stanco di rincorrere chi è alla ricerca dei traditori, è difficile imprimere un segno diverso visibile. 

Nel fine settimana i giornali locali non hanno parlato d'altro che delle polemiche fra i presidenti, quello del consiglio Kessler e quello della Provincia Dellai. Solo per ricordare i terreni della polemica, la questione delle nomine alla FBK e all'Apran secondo le vecchie modalità, le norme di attuazione delle nuove competenze in materia di Università e la provincializzazione del Parco nazionale dello Stelvio, la questione dell'accorpamento di alcune società di sistema ed infine la riforma della Protezione civile. Temi sui quali le questioni di metodo prevalgono nettamente sul merito, ma non per questo irrilevanti.

Sarebbe avvilente che tutto questo venisse ricondotto a questioni personali fra i due, che pure non si amano. Credo al contrario che vi siano nodi politico-culturali che debbano essere affrontati come tali, pena lo sfilacciarsi della maggioranza e non solo, considerato che anche nel PD di queste cose raramente si discute. 

Il primo di questi nodi riguarda l'anomalia trentina. Se il Trentino non è diventato preda delle dinamiche economiche e sociali (e politiche) dello "spaesamento" è grazie a due aspetti decisivi della nostra diversità: il suo assetto economico, che dipende in larga misura dall'autonomia e dalla tradizione cooperativistica di questa terra; la sperimentazione politica originale che ha prodotto un contesto diverso da quello nazionale. A questo si deve aggiungere un tessuto di partecipazione sociale e civile che si fonda su un associazionismo che non ha eguali sul territorio nazionale e sulla rete dei Comuni, entrambi fattori di coesione sociale.

Tanto per essere chiari, credo che sia proprio l'analisi di questi tratti di diversità una delle radici profonde di un diverso sentire, trasversale ai principali partiti della coalizione di centrosinistra autonomista. I Vigili del Fuoco volontari possono essere letti come straordinario patrimonio umano e di volontariato o all'opposto come l'esercito del Presidente. L'acquisizione di nuove competenze autonomistiche come una grande opportunità di autogoverno o come un'accentuata "provincializzazione" in senso deteriore. La nascita dell'UpT (e prima ancora della Margherita) come un positivo ancoraggio di un'area moderata al centrosinistra o come una soggettività politica espressione dei poteri forti che contende al PD del Trentino l'egemonia nella coalizione. La Federazione delle cooperative come parte essenziale di una visione che vuole armonizzare il mercato alla solidarietà o come uno dei centri di potere conservativo. L'intervento della politica nell'economia come il senso stesso della politica o una sua degenerazione. La riforma della scuola come la sfida dell'autonomia scolastica o la concentrazione del potere nella mani della burocrazia. I 218 Comuni come un elemento di tenuta identitaria o come realtà anacronistica da superare. La pace e la cooperazione come strumenti per leggere il nostro presente piuttosto che qualcosa da esportare, come la democrazia. E così via.

Come potete immaginare, sto un po' radicalizzando le posizioni per renderle più chiare e di questo mi scuso. Perché so bene che talvolta tratti di analisi confliggenti possono convivere e rappresentare quella scala di grigi che più si avvicina alla realtà. Ma queste polarità mi servono per mettere a fuoco le posizioni. I nodi che vengono al pettine, non certo riconducibili ad una diatriba personale, bensì alle visioni che hanno attraversato ed attraversano i partiti e la società, e questo a prescindere dal tradizionale collocarsi al centro o a sinistra. Quando la sinistra non sapeva cos'era il federalismo, qualcuno ci lavorava. Così quando il popolarismo veniva tradotto in occupazione del potere qualcuno cercava di coniugarlo con l'impegno a favore degli ultimi.

Trasversalità che mi porta a dire che il processo di sintesi culturale che avrebbe dovuto essere il leit motiv della nascita del Partito Democratico è appena iniziato. Quel che è sicuro è che non si può accontentare di aver riprodotto, seppure con diversi rapporti di forza, i DS e la Margherita. Che dunque la scommessa del "partito territoriale europeo" è tutt'altro che svanita, rappresentando - qui come in Italia o in Europa - la nuova frontiera della ricomposizione della politica. Essa richiede però uno scarto di cultura che ancora non trova cittadinanza nel sentire comune.

Tutto questo ha a che vedere anche con le forme dell'agire politico. Con il superamento della forma partito nazionale, tradizionalmente piramidale ed estranea alla cultura federalista. Con la necessità di superare la logica maggioritaria e uscire dalla stagione del populismo plebiscitario. Con la restituzione alla politica di un ruolo pedagogico e formativo, piuttosto che basato sulla proliferazione delle regole dell'antipolitica.

Se non affrontiamo uno ad uno questi nodi, se non proviamo a rimescolare le carte disponibili ciascuno a trovare nuove sintesi (e dunque a cambiare), non andremo molto lontani.

A tutto questo penso nel corso della riunione del gruppo consiliare del PD del Trentino, mentre prendiamo in considerazione le proposte di emendamento alla legge finanziaria. Sul cui profilo non mi sembra abbiamo molto da dire, quando invece andrebbe posta una grande sfida culturale: quella di "fare meglio con meno", slogan che implica un diverso utilizzo delle risorse in nome della sobrietà e della responsabilità verso il futuro.

Ho la netta sensazione che invece la politica continui a rincorrere gli umori. E qui, nell'oscillare fra istanze corporative e i talebani del "non nel mio giardino", abita un altro motivo del mio disagio. Ma di questo parleremo nel diario di domani.

 

 

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