"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

28/07/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
chaplin
Vi racconto di un incontro di martedì scorso, non volevo metterlo insieme ad altre cose. Perché ho avuto la sensazione di entrare in un dialogo vero con le cinquanta persone che avevo davanti a me, venute  in visita da Mori alle istituzioni provinciali. Andare insieme da qualche parte, magari a visitare realtà sconosciute del nostro Trentino, è sempre un'opportunità che vale la pena di accogliere anche quando ad invitarti è il Consiglio Provinciale. Realtà istituzionale con una sua autorevolezza, certo, ma spesso considerata piuttosto lontana e fors'anche noiosa, specie in quella frangente che consiste nell'incontro con un consigliere provinciale che a turno viene  invitato per un saluto formale.

L'incontro avviene nell'emiciclo del Consiglio Regionale, luogo che può incutere una certa soggezione ma mi accorgo subito che così non è affatto. Quando entro nell'aula Mauro Larentis, il funzionario del Consiglio addetto a questo servizio, sta spiegando ai presenti le vicende dell'autonomia regionale. Sono le 13.15, forse qualcuno di loro sta già pensando all'appuntamento successivo, in qualche bella località prevista dal programma, considerato che l'incontro con il consigliere dovrebbe durare solo una decina di minuti, mezz'ora al massimo.

Così non sarà. L'incontro si protrae fino alle 14.30, spaziando sui vari temi. Parliamo dell'autonomia, di come questa prerogativa sia sempre più attuale in un contesto segnato dalla globalizzazione. Provo a spiegarlo con l'esempio della privatizzazione dell'acqua decisa dal governo Berlusconi e di come le nostre competenze di autogoverno possano aiutarci ad impedire che nella nostra regione queste scelte sciagurate possano trovare applicazione. Un uso intelligente dell'autonomia non come chiusura, ma come capacità di stare nei processi globali senza subirli, attenuando lo spaesamento che la perdita di identità sociale produce, affrontando le sfide del presente con l'assunzione di responsabilità piuttosto che nella logica dello spostare altrove i problemi, facendosene carico piuttosto che scaricarli su qualcun altro.

La cosa che più mi colpisce è che pur affrontando problemi anche molto spinosi, penso alla tematica dei rifiuti e dell'inceneritore, dire le cose come stanno senza rincorrere il facile consenso ma anzi sostenendo cose impopolari, risulti efficace. Le persone presenti mi seguono, le domande che ne vengono sono tutt'altro che banali e la discussione proficua. Devo dire che questa opzione a favore del rigore sulle cose, ammettendo ritardi ed approcci sbagliati ma anche evitando di rincorrere la facile demagogia sembra essere molto apprezzata.

Spazio sui temi della pace e dell'interdipendenza, sulle visioni generali e sulla necessità che la politica riacquisti quella capacità di prospettiva andata perdendosi in un pragmatismo senza idee e in una riduzione della politica ad interesse privato. La cosa interessante è che il tempo trascorre velocissimo e l'attenzione non cala. Tanto che dopo un'ora e un quarto siamo ancora lì, a rispondere di domande tutt'altro che banali ce investono la politica, la classe dirigente. Avverto che le persone starebbero a conversare con me, tanto che alla fine in diversi mi chiedono se sono disponibile ad andare a Mori a proseguire la nostra conversazione. Oppure l'indirizzo del mio blog e del mio indirizzo di posta elettronica.

C'è una signora che mi viene vicino e mi dice che è stata consigliera comunale della DC e che vuole complimentarsi con me. Una coppia di anziani si palesa come del PD del Trentino, orgogliosi di quel che ho proposto alla loro attenzione. Altri ancora mi chiedono come si fa ad iscrivere la propria associazione al Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Qualcuno mi dice che è la prima volta che ascolta un "politico" con interesse. Ho la sensazione che la crisi della politica stia tutta qui, nella capacità di narrazione della realtà che si è andata smarrendo. Nella pigrizia del non rinnovare consuetudini, conservatorismi, idee diventate obsolete.

Forse, se uscissimo dai rituali e da una politica solo gridata, in fondo non ci vorrebbe poi tanto a riconciliare la gente con le istituzioni e i partiti. Purché si abbia qualcosa da dire.
 

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