"... avevo scoperto l'abisso della rassegnazione, la virtù del distacco, il piacere del pensare pulito, l'ebbrezza della creazione politica, il fremito dell'apparire delle cose impossibili..." Altiero Spinelli

09/08/2010 -
Il diario di Michele Nardelli
Lago di Garda
Dopo qualche giorno di dedicato al riposo, agli amici, alla lettura e alle passeggiate nei boschi e ai funghi riprende il "diario di bordo". Non che questa settimana sia di vero e proprio lavoro, ma avendo scelto di starmene tranquillo in Trentino si approfitta del clima un po' rilassato per incontrare persone che non si vedono da un po', scambiarsi idee su quel che accade in questo paese sempre più alla deriva, leggere qualche documento rimasto fra i plichi delle cose da vedere, scrivere.

In particolare sto lavorando al mio terzo rapporto semestrale (la lettera agli amici) che a Ferragosto invierò alle persone che hanno sostenuto la mia candidatura alle elezioni provinciali del novembre 2008 (se qualcuno dei lettori vuole riceverlo, non ha che da segnalarmi il suo indirizzo di posta elettronica). Una sorta di bilancio che prova a dare senso al mio impegno istituzionale, cosa spero apprezzata anche perché se si dovesse valutare il mio lavoro dall'esposizione mediatica qualcuno potrebbe chiedermi che cosa ci sto a fare in Consiglio.

Non ho un positivo rapporto con i quotidiani locali, specie con una cronaca politica sempre alla ricerca della parola che fa sensazione o del pettegolezzo. Ed anche per questo mi sono dato strumenti diretti come questo sito, lo spazio aperto di "Politica è responsabilità" (http://www.politicaresponsabile.it/), l'attività del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani (e il suo sito http://www.forumpace.it/), oltre ovviamente al contatto diretto sul territorio. Che intendo peraltro intensificare nei prossimi mesi, non affidandolo unicamente all'organizzazione dei circoli del PD, talvolta ancora ingessati in piccole dinamiche di appartenenza che si fatica a superare, salvo poi sentirsi dire quel "dove eravate" che testimonia il sottile insinuarsi dell'antipolitica.

Ne parlavo proprio ieri in un angolo di natura davvero molto bello sopra Arco, in località Laghel, ospite di Francesca e Ruggero e insieme con altri amici della zona. Con l'ulivo e la vite, il cipresso e il leccio, è un pezzo di Mediterraneo che si affaccia in Trentino. Parole in libertà per riflettere su ciò che esprime la politica, per provare a costruire percorsi di cultura e di pensiero critico in un contesto di governo amico, che pure fa la differenza.

Per far crescere una cultura del territorio in un contesto, come quello del Basso Sarca, dove in questi anni l'azione dell'uomo ha avuto un impatto davvero pesante. Parliamo di mobilità, dei progetti di collegamento stradale fra il Lago di Loppio e la "Busa" e del fatto che ancora manca nella pianificazione territoriale un approccio che sappia riconsiderare la mobilità non come sinonimo di strade, gallerie, viadotti ma come possibilità di invertire la rotta della crescita continua di strade e automobili. Che vuol dire Metroland, il progetto di collegamento ferroviario delle valli trentine, ma prima ancora riforma istituzionale, ovvero decentramento delle funzioni strategiche sul territorio, passaggio di competenze, introduzione del telelavoro in particolare nella pubblica amministrazione, sostegno alle filiere corte.

Parliamo anche delle Comunità di Valle, che tutto questo dovrebbero aiutare e un'altra cosa ancora: contribuire alla formazione di una classe dirigente capace di uscire dall'ottica del "non nel mio giardino". In autunno si voterà per la loro parziale elezione diretta, un piccolo banco di prova per la coalizione provinciale ed anche per il PD del Trentino. Ma occorrono visioni e idee progettuali, quando invece sui territori tendono a prevalere - anche nel nostro campo politico - la rincorsa dei problemi e i personalismi.

Eppure, c'è sete di buona politica. Ogni volta che mi capita di proporre argomenti, che si parli di sostenibilità o di cultura del limite, di cooperazione o di valorizzazione dei territori, di Europa o di Mediterraneo, di conflitti non elaborati o di processi riconciliativi, trovo una voglia di sapere che la politica fatica a riconoscere. Anzi, quasi stupisce che la politica sia capace di narrazione, come raccontavo nel mio ultimo diario sull'incontro alla Mendola, passaggio in stato di abbandono, metafora di un confine che non c'è ma che in realtà è molto più spesso di quel che si possa immaginare.

Quale piacere, dunque, ricevere in serata dalle mani di uno degli autori la copia fresca di stampa del libro "Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso" di Stefano Fait e Mauro Fattor, che verrà presentato a Bolzano nei prossimi giorni. Come l'ho definito nella mia prefazione, un libro "sofferto e coraggioso". E di particolare attualità, se penso alla disputa in corso in Sud Tirolo sulla toponomastica dei sentieri di montagna. Questione simbolica, marginale si potrebbe dire. Il fatto è che il nostro tempo è segnato da spoglie esibite, miracoli che santificano i criminali, ampolle e miti salvifici. Ne riparleremo nei prossimi giorni.

  

 

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